I TREMENDI  "Muri di sabbia"
   (2018 )

L’impatto è di quelli ruvidi, abrasivi, tellurizzanti, che non lascia né fiato né scampo, in un turbine di velenosissime stesure d’argomenti riassunti in una sola parola: Tremendi, come il loro nome. Da temere, da far rizzare i capelli, da incutere paure ancestrali con scelta obbligata: dentro o fuori il caos. Benvenuti nell’urto contro “Muri di sabbia”, esordio de I Tremendi, band capitolina nata un paio d’anni fa, prima come duo e poi completato in cinquina per arroventare i watts con pacche di furioso drumming. Da trascorsi burrascosi si accumula tanta di quella rabbia che, un determinato giorno, capisci che è ora di vomitarla addosso ai nemici, agli scherni, alle occhiataccie, all’invidia, ai sfigati avversi: a tutti quelli che han tentato di annichilirti, di sparlarti dietro, di far franare i pochi terreni delle tue certezze. Parole a raffica come devastanti kalashnikov, chitarre che ti graffiano le budella e girano vorticose nell’etere come una spada di Damocle. Ne è passato di alcool sotto i ponti della band….e tanto di quel fumo che ha cotto un arrosto carico di capsicina urticante come “Ladro d’istanti”, “Tremendiland” e la title-track, o condito con grattate di radici speziate come “Vivo” e “Ritmo e poesia”, tossico rock-rap mantrico. Che immediatezza, che sincerità, che coerenza I Tremendi! Magari il mondo si relazionasse senza setacci, con farina pura e non quella da strisciare, ma con la sola voglia dell’istintività costruttiva, senza raggiri di parole e scorrettezze. Qui, tutto parte dalle viscere offese, dalla schiuma rabbiosa che rischia di strozzarti, ma le invettive hanno il sapore dell’autentico, dell’istinto giustificato e tentano di dare una spiegazione plausibile al perché del professare bene e razzolare male. Giustamente, il quintetto romano non si dà pace ed erige un muro più alto nella conclusiva “Baffone”, tra ossessività e turbinio concettuale. Non resta che raccogliere macerie con spirito altruistico e lodare I Tremendi per non aver mai chinato la testa operando sì, con la legge del taglione, ma semplicemente isolando il marciume umano, che impediva loro di progettare “Muri di sabbia”: efferato e necessario disco, dall’esplosiva risolutezza. (Max Casali)