GRANDI INSEGNE IL GRANDE ALLIBRATORE "Ad oggi mancano"
(2018 )
Da Foligno ascoltiamo il cantautore Nicola Cancellieri, nascosto nel nome del suo progetto "Grandi Insegne Il Grande Allibratore". "Ad oggi mancano", album autoprodotto, è una raccolta di canzoni variegate, accomunate da una dolceamara malinconia e una profondità non retorica. La band spesso intona cori all'unisono, come una banda di amici. C'è un inserimento insistente, a volte forzato, di tanti "la la la" e "pa pa pa". Dai testi emerge un profondo disagio col mondo esterno, tradotto in fauna e flora ostile. Gli spazi chiusi diventano un riparo. Come "Sottomarino": "In barca dentro me, sono un bruco in una mela (...) nel mio sottomarino, rallenta, che voglio vedere fuori, i pesci i palombari, le macchine inabissate". In "Albero" Cancellieri si identifica in un albero, disturbato dagli uccelli sui rami: "Vorrei andare lontano, cercare un posto dove piantare radici profonde". A questo desiderio risponde la canzone "Neve": "Ho una pianta nel cuore, ha messo radici profonde, si nutre di tutte le lacrime, l'annaffio in silenzio la notte (...) Sai che non trovo un posto per me, dove potermi sentire, che so, leggero come neve, pulito come neve". Gli uccelli sono nemici in un altro spazio chiuso e sicuro: "Una casa tutta per noi". Dove il nostro si immagina una casa "con i muri fatti solo di sogni, e le tegole che tengono lontani gli uccelli neri, che vengono a rubarci il sorriso". Il pezzo inizia con un arrangiamento delicato, un tappeto di chitarra elettrica in delay e un flauto traverso; poi comincia a piovere. "Torniamo a casa, il tè è ancora caldo, ti ho preparato i biscotti (...) Ti prego vieni dentro, non restare fuori, che ti sporchi le scarpe di fango, e poi vieni dentro ed entra anche il fango, e gli uccelli son venuti di nuovo a rubarci il sorriso". Qui la chitarra accende la distorsione e il brano diventa un rock battuto, poi decresce simulando un valzer. Altro pezzo distorto è "Camposanto", dove la voce sfida l'interlocutore: "Dai insultami, feriscimi, scherniscimi, fammi sentire adatto a marcire nella mia stanza (...) ma io ti aspetto sottoterra, dove saremo uguali io e te, solo polvere e cenere dentro i vestiti che altri han scelto per noi, uno di stoffa e l'altro di legno". La voglia di rischio, ma anche di erotizzare il dolore, si riversa in un altro episodio, "Rossella", dove sembra si affianchino due scenari diversi, uno sadomaso e uno di poker. "Muffa sulle pareti, in un angolo il cerchio del piscio, mentre Rossella mi strappa un capezzolo e mi assicura, le pinze sono sterili (...) Cambia le carte, sono basse, non si vince mai un cazzo!". Forse non c'entra, ma questa rabbia nel gioco ricorda quel memorabile schizzo di nervi di Alessandro Haber in "Regalo di Natale", emozionante film di Pupi Avati, incentrato su una sfiancante partita di poker. La titletrack "Ad oggi mancano" volge uno sguardo all'esterno, per una volta non intimorito: "Resto fermo e guardo avanti, al porto, il mare, le barche, le tonnare, le reti, il vento, i segni del tempo, e tutto resta fermo, tutto ondeggia". Carino il ponte soft coi sospiri in levare. Il soffice tappeto di rapidissime note di chitarra in delay detto prima, si ritrova anche ne "Il re dei topi", altro brano introspettivo col testo che termina di scatto, come un sogno interrotto. Lo sguardo interiore prosegue con le sue mosche (presenti anche in "Rossella") in "Aria buona", dove il fulcro è il sentirsi inadeguato a prendersi cura di un'altra persona, perché prima chi canta deve "fare pace col tizio che è dentro di me". La musica si addolcisce ancora di più, con un suono da mandolino, per un testo che invece si fa amaro: "Perderti è stato meglio che incontrarti". Quanta solitudine nelle parole: "Gli inutili soccorsi della gente, ormai stavano tutti quanti col cappello stretto in mano". Nella canzone finale "Grandi Insegne Il Grande Allibratore", sembra si osservi la persona che la gente prima non aveva soccorso: "Gli occhi si muovono ancora, è ancora vivo". Il ritornello è una lite in discorso diretto: "'E' da anni che non mi prepari più la colazione, come posso andare a lavoro senza camicie pulite?' 'Sì ma il tuo non è un lavoro!' 'Ma te hai un fottutissimo asse da stiro, usalo!'. L'aspetto autobiografico diventa evidente: "Mi dicevano, per scrivere non hai talento, non hai una macchina da scrivere, non hai chi ti pubblica. Era vero, così ho iniziato a scrivere quasi per dispetto lettere minatorie". La bravura di Cancellieri è quella di esprimersi in maniera trasparente senza risultare narcisista; anzi, la complicità dei suoi compagni d'avventura nei cori e gli arrangiamenti non banali suscitano l'empatia dell'ascoltatore, facendolo entrare nella propria casa, a bere il tè caldo con lui. (Gilberto Ongaro)