AVION TRAVEL  "Privé"
   (2018 )

Dopo quindici anni dall'ultimo lavoro in studio, ma senza mai aver fermato l'intensa attività dal vivo, assistiamo ad un gradito ritorno; quello degli Avion Travel, che si presentano per l'occasione senza l'apposizione "Piccola Orchestra". Escono undici nuovi pezzi, firmati da membri della band ma anche da altri (due testi sono di Pacifico). Inoltre, alcuni brani erano pensati per altri interpreti quali Fiorella Mannoia e Patty Pravo. Quello che spicca quindi nel nuovo album "Privé" è la particolare cifra stilistica del gruppo, e l'interpretazione vocale di Peppe Servillo, sempre a metà fra il tipico teatrale del Sud Italia e il vibrato del jazz pop. La mancanza dello storico membro Fausto Mesolella, scomparso nel 2017, non è stata colmata da un altro chitarrista, forse per un inconsapevole senso di rispetto verso la sua griffe (indimenticabile la sua introduzione nella celebre "Sentimento" del 2000); così, nella formazione è entrato invece il tastierista Duilio Galioto, e negli arrangiamenti quindi un inevitabile cambio col passato c'è. Nonostante questo, gli Avion Travel restano riconoscibili nella loro ricercatezza. Il brano d'apertura "A me gli occhi" introduce più volte nella struttura una sequenza di quarte eccedenti, tipico stilema da soundtrack, che aggiunge emotività ad un refrain già di per sé coinvolgente. L'assolo di sassofono suggella la forza suggestionante del brano, che con una rullata viene collegato direttamente al secondo, un breve strumentale intitolato "L'incanto", dove siamo più volte ingannati dalla batteria con una serie di giochi ritmici, che dialogano con il contrabbasso. Resta alta l'emozione con l'arpeggio acuto di pianoforte di "Inconsapevole", che cresce d'intensità imponendosi alla fine. Invece la voce, evocando una sorta di voluta ingenuità, descrive una situazione intrigante ("Stoffa che sul bordo segna un mondo di libidine") e, parlando di timidezza, tende essa stessa a intimidirsi, per poi sparire. "Come si canta una domanda" è un moderato delicato, che presenta una melodia retrò che potremmo definire travellesca, avendo tutte le caratteristiche malinconico - romantiche che si aspetterebbe chi si ricorda bene del gruppo di Caserta. Un recitato in "Caro Maestro" rivolge domande a un non ben precisato Maestro (della Musica), a proposito di cosa si possa cantare ancora oggi di nuovo. Per buona parte del tempo, la canzone è una magica evocazione da musical, con tanto di coro all'unisono, ma poi si trasforma in uno sperimentale pop con un raffinato ed inafferrabile riff di chitarra elettrica. La "stranezza" ricorda quella sorprendente di "Madre pennuta", uno dei pezzi di Lucio Battisti nel suo periodo "bianco" con Pasquale Panella (mai abbastanza celebrato). Ed è una fortuna che, nella precipitosa caduta di stile delle ultime mode, ci sia occasione di proporre una musica alfabetizzata e dotta all'interno del pop cosiddetto indipendente. E la conclusione del testo sembra portare con sé questa consapevolezza: "Io vengo da un'Italia profonda che per ora scompare". E a proposito di alfabetizzazione, "Alfabeto", il cui testo è uno dei due firmati da Pacifico, è quasi un metatesto, poiché verte sulle parole: "Le parole nascono dai boschi, dal freddo che si respira o dal mare, sì dal mare che rovescia a riva catrame". La ritmica saltellante del pezzo ospita dei cambi armonici inaspettati, un salto di due toni ancora una volta da colonna sonora, al quale viene affidata l'armonizzazione della coda finale, eseguita dai fiati e fatta sfumare come nella spaziale "Via Lattea" di Franco Battiato. L'allegria di questo pezzo viene preceduta da "Se veramente Dio esisti", una preghiera sui generis, cantata su un pianoforte cadenzato. Si torna invece jazzanti à la Paolo Conte con "L'amore arancione", una storia di tentazione a poco tempo dall'altare, condita da un inciso melodico che sa di caffè. La gentilezza del brano lascia spazio a un ritmo più vivace sul timpano ne "Il cinghiale", per una piccola triste storia stradale che diventa qualcosa di più. Resta impresso l'avventuroso sassofono. Con la titletrack "Privè" si approda in suoni acidi su ritmo fusion rock, per altre parole frizzanti. L'Lp è un continuo altalenarsi tra tenerezza e malinconia, e così a chiuderlo ci pensano le parole di Pacifico di "Dolce e amaro", a definire la dualità del lavoro, nella quale la Musica, seppur maestra, a volte si è mostrata un padre severo: "Se fossi stato un pittore ti avrei dipinto e strappato". E se per gli Avion Travel è davvero una figura severa, è bene che lo resti, dato che questa nuova uscita è la dimostrazione del prestigio che la musica italiana può raggiungere, senza invidiare nulla all'estero. (Gilberto Ongaro)