ALIA  "Giraffe"
   (2018 )

Prima di iniziare a leggere quello che penso di Alia e del suo disco, segnatevi questa data: 25 maggio 2018. Il “giochino” delle date è una cosa che adoro fare spesso, ne prendo una a caso e inizio a ricercare cosa è accaduto quel giorno e, credetemi, scoprirete tanti eventi curiosi. Beh!!! Il 25 maggio nascono Berlinguer e Gaetano Scirea, due personaggi “liberi” e saggi, ognuno a modo proprio, nel 1895 Oscar Wilde inizia ad avere i suoi primi problemini con la giustizia, per via dei suoi “costumi” ritenuti troppo libertini, e il 25 maggio del 1977 esce nelle sale cinematografiche statunitensi il film ''Guerre stellari'', diretto da George Lucas. Spero che questa data, con queste piccole curiosità che vi ho detto, vi resti impressa nella memoria, perché dopo averlo ascoltato e riascoltato, non posso che annunciarvi: "Giraffe", il nuovo lavoro di Alia, sarà in uscita proprio il 25 maggio per Pippola Music. Un disco che consiglio per la sua leggerezza ed eleganza, per il suo sapore nostalgico e struggente, ma che allo stesso tempo emana serenità, un album che crea atmosfere morbide e sinuose che ti avvolgono e che si lascia apprezzare ascolto dopo ascolto. “Giraffe” è il delicato susseguirsi di 10 “perle” di musica pop, ma quello con la “P” maiuscola, in cui Alia è riuscito, con raffinato equilibrio, a fondere il proprio stato d’animo con sonorità jazz ed elettroniche, sconfinando nello swing e nel funk dandone, con la sua voce, una connotazione musicale un po’ retro che, romanticamente, mi piace pensare sia un personale omaggio dell’artista alla musica leggera italiana degli anni ’60 e '70. Ed è proprio con un funk melodico, “L’attraverso”, che si apre il disco dell’artista bergamasco, a cui segue la title track “Giraffe”, un brano con un struttura decisamente pop ma contaminata dal synth di Fidel Fogaroli e, soprattutto, impreziosita dal delicatissimo duetto vocale con Patrizia Laquidara. Ancora sonorità pop, ma più leggere e scanzonate, in “La teoria del colore”, dove ancora una volta si fa piacevolmente notare Fidel Fogaroli con il suono elettrico di un Fender Rhodes; che, in maniera singolare, stride con l’atmosfera confidenziale e spirituale creata dalla vellutata voce di ‘Alia, in “Camaiore”, una ballata sognante che riscrive i canoni del romanticismo, attraverso il delicato arrangiamento musicale che ricrea il clima nostalgico che accompagna i ricordi felici di un amore finito. L’atmosfera sognante prosegue in “Alessandra”, un testo a tratti visionario, interpretato dall’artista duettando con la splendida voce di Francesca Messina, un brano dove Alia parla del suo concetto di pazienza e di quanto sia prezioso saper aspettare. I toni e le sonorità cambiano decisamente in “L’India, i bambini”, ritornano infatti note synth/pop più leggere, per un testo di protesta che parla di un tema importante: lo sfruttamento lavorativo di donne e bambini, ma che Alia ha la bravura di offrire all'ascoltatore con delicatezza e semplicità. “Giraffe” è un disco che scorre su testi importanti e ricercati che, nonostante la semplicità e la leggerezza, mi hanno più volte fatto riportare indietro le tracce per capirne le metafore, spesso sottili e profonde, così come mi è accaduto con “Madonna dell’umiltà”, un delicato brano di matrice funk-jazz , sostenuto da un riff di sax che ne delizia l’ascolto, o in “Sei donne”, un brano etereo permeato da sonorità elettroniche, in cui l'attrice Elisabetta Salvatori recita una struggente poesia di Hilde Domin. Il finale del disco è un crescendo di emozioni in cui l’artista ci invita ad intimi momenti di riflessioni, e così, mentre nella visionaria “Monviso” Alia poeticamente guarda il mondo dall’alto, nella latineggiante “Verso Santiago”, cantando ancora una volta all’unisono con una voce femminile (Martina Agnoletti), ci regala una massima di vita che conserverò gelosamente: “Io voglio credere, almeno in qualche cosa. Da oggi credo in me”. E da oggi, anzi dal 25 maggio, credo che ci siano dei buoni motivi per ascoltare “Giraffe”, un disco curato e ben fatto fin dalla copertina, interpretato in maniera impeccabile da Alia (Alessandro Curcio), che senza strappi e senza colpi ad effetto, ma con l’assoluto coinvolgimento nel processo creativo ed interpretativo che attraversa le canzoni, riesce a tradurre in emozioni, testi mai scontati e con parole che ti segnano in maniera poetica. Ma se i testi riescono a trasmettere tutta la poesia delle parole, lo si deve a degli arrangiamenti curati nei minimi particolari, eseguiti da musicisti eccellenti che mi piace definire “artigiani della musica”, dove ogni sezione strumentale, dagli archi di Erika Giansanti, al rhodes e synth di Fidel Fogaroli, passando per i fiati, le percussioni e le chitarre di Giuliano Dottori e di Cesare Malfatti, impreziosiscono ogni singola perla che compone questo ottimo progetto musicale, in cui tutti hanno cercato di creare e dire qualcosa di diverso rispetto a quello che il mercato discografico odierno ci propone. (Peppe Saverino)