VASCO ROSSI  "C'è chi dice no"
   (1987 )

Circa a metà degli anni '80, la musica italiana attraversa finalmente il suo momento di rilancio, e si comincia così a tracciare un bilancio, ad attribuire colpe e meriti di questo nuovo trend positivo, dopo anni di vero oscurantismo. Le colpe andarono a chi, per tanto tempo, aveva propinato assurde melensaggini spacciandole come "vera musica italiana": ogni anno a Sanremo, in quegli anni, si vedevano in fila Christian, Ricchi e Poveri, Albano e Romina e compagnia bella. Oltre a ciò bisognava aggiungere anche l'atteggiamento di alcuni discografici che, in quel periodo, pretendevano di costruire il futuro musicale tricolore puntando su nomi del passato, cercando ad esempio di rigenerare Fausto Leali (rilanciato dalla partecipazione sanremese con "Io amo") per non parlare di dinosauri ancora peggiori e più datati (tentativi simili furono infatti effettuati sul palco sanremese anche con Iva Zanicchi e addirittura con Orietta Berti). Comunque sia, finalmente la situazione era, come detto, in netto miglioramento: il rilancio italiano fu individuato da molti nel plurimiliardario album "La vita è adesso" di Claudio Baglioni, indicato quindi spesso come "salvatore della patria". In verità il pur bravo Claudio aveva sfondato una porta già in buona parte divelta. Da chi? Da chi, negli anni in cui Baglioni taceva, si prendeva il lusso di rilanciare Sanremo presentandosi per due volte consecutive con brani controcorrente e polemici come "Vado al massimo" e "Vita spericolata". Da chi, negli anni più bui del colonialismo ('83/'84) produsse rispettivamente "Bollicine" e "Va bene, va bene così", che risultarono essere gli album più venduti nelle rispettive annate. Il Blasco, come da quell'87 venne chiamato, cedette il passo nell'85 al succitato album 'baglionesco' piazzandosi 2° con il suo "Cosa succede in città", ma ormai il più era fatto. Ormai i giovani tricolori avevano ripreso a cantare italiano e, soprattutto, a comprare italiano. Cominciarono così a recarsi a Sanremo (torniamo sempre lì, soprattutto in quegli anni) grossi personaggi altrimenti insospettabili: Eugenio Finardi, Ivan Graziani, Enrico Ruggeri. Bella differenza, concorderete con me, rispetto ai dinosauri precedentemente nominati. A sorpresa Vasco nell'86 si era poi preso un anno di riposo discografico (allora era inusuale non pubblicare un disco all'anno), probabilmente per godersi in santa pace tutto ciò che in prima persona aveva fatto scoppiare. Emersero così, uno dopo l'altro, nel giro di pochissimo tempo, personaggi destinati a cambiare la musica italiana, personaggi che quindi, magari non assomigliando per niente al Blasco, ne sfruttarono comunque l'onda. Parliamo (emersero tutti tra l'84 e l'87) di Luca Carboni, Eros Ramazzotti, Fabio Concato, Zucchero Fornaciari... Nell'87 Vasco tornò, quindi, con un altro capolavoro nomato "C'è chi dice no", e le classifiche risposero entusiasticamente. Scontato, si direbbe oggi: non tanto, in verità, a quell'epoca. Nonostante l'immenso successo del nostro, non era ancora chiara a tutti la portata del fenomeno-Vasco, poteva a ben vedere sparire dalle preferenze, come ad altri era successo prima di lui, anche perchè, nel suo caso, c'era una costante e pesante intrusione di vicende extramusicali (l'arresto per droga, gli articoli scandalistici...). Non andò così, per fortuna. Il pubblico aveva quindi dimenticato Modern Talking, Twins o Imagination: erano questi, non dimentichiamolo, gli artisti in testa alle classifiche italiane prima che il Blasco riponesse al centro dell'attenzione la musica italiana. L'album in oggetto è, oltre che splendido, vario e completo, nonostante si basi su solo 8 brani e nemmeno 40 minuti di musica: la title track è tosta ed impegnata, "Ridere di te" e "Vivere una favola" sono dolci e sognanti, "Non mi va" stracciabudella ed attaccaticcia (il capolavoro, questo, del povero Massimo Riva), "Lunedì" un delizioso 'divertissment', del quale si capì la forza solo una volta sentita dal vivo. C'è quindi chi dice no, ed anche chi dice che questo fu l'ultimo album 'vero' di Vasco, che dopo si sarebbe stancamente ripetuto. Non sono d'accordo, l'ex ragazzo rimane tutt'ora largamente al di sopra della media: è cambiato sicuramente, invecchiando, come tutti fanno e facciamo, ed è segno di maturità accettarlo. Questo è un grande album, e ciò basta: non aggiunge niente, davvero, infangare ciò che è venuto dopo. (Andrea Rossi)