STEIN URHEIM  "Utopian tales"
   (2017 )

Giunto al sesto lavoro, Stein Urheim propone "Utopian Tales" (uscito per Hubro records), disco dove la ricerca sui microtoni (intervalli di tempo inferiori al semitono) e la psichedelia più barrettiana si mescolano col jazz e con la chitarra slide come strumento protagonista. L'ambientazione iniziale di una comunità hippie norvegese degli anni '70, è solo il punto di partenza per un'esperienza sonora che va in profondità nella contemplazione mistica. I brani sono un susseguirsi di visioni caleidoscopiche e cangianti, spesso senza soluzione di continuità. In "Just intonation Island" una lontana voce sciamanica dà il via a una serie di rumori, suoni, venti digitali, braci che bruciano, fino ad arrivare senza stacco al pezzo successivo, "Letters from Walden two", che invece è uno swing jazz a cui però partecipa anche il sitar. "Trouble in Carnaticala" aggiunge groove al clima lisergico creato dal sitar e da suoni acidi di chitarra. Troneggia poi un obbligato melodico molto caratterizzante, suonato dai fiati e poi anche dagli altri strumenti all'unisono. Il rimando simultaneo di ritmi latino americani e sonorità orientali crea un corto circuito disorientante, che ci lascia in un non luogo, dove ci accoglie "Hear the people sing", pezzo con voce cantata ed effettata con tremolo, in modo che sembri provenire dall'acqua. Le voci si moltiplicano nella seguente canzone "The clown", arriva una donna assieme alla voce maschile principale, su accordi distesi di chitarra elettrica pulita, e su uno sfondo bucolico. I fiati ottengono timbri stranianti, con molta aria soffiata, che paiono più dei semplici tubi che degli strumenti musicali. Questo esperimento è accompagnato da un contrabbasso jazz e sovrastato da un assolo di tromba. "Mikrotonia", a dispetto del titolo, non è il luogo dove ci sono gli esperimenti microtonali citati all'inizio; è invece una scenografia elettronica, magica come quelle dei Tangerine Dream. Il brano più breve dell'album dura 59 secondi, ed il titolo richiama esplicitamente la "Selegrend Movement", la comunità ispiratrice per questo Lp. Breve ma intensa: tromba e chitarra all'unisono tessono una melodia ariosa, inseguita da fischi sintetici. L'espressività della tromba continua in maniera ancora più umanizzata all'inizio di "Ustopia - Part Two", dove lo strumento sembra piangere e lamentarsi come una persona che prova dolore. Dopo un minuto partono arpeggi di chitarra acustica che accompagnano la slide guitar, proprio come in "Ustopia - Part one" che è in apertura all'album. La slide si muove come un theremin, ricreando quindi quel suono da alieno così caro negli anni '60. Nella seconda parte di "Ustopia" ci sono di nuovo i cori, che parlano di "flowers" e "illusions", ripescando dall'immaginario dei figli dei fiori. Ben presto le poche parole vengono sostituite da cori in falsetto che seguono la chitarra e il sassofono, ricordando un po' le voci di "Seamus" dei Pink Floyd (senza il cane...). Chiude l'album "Pala", dove una chitarra elettrica "normale", senza gli effetti, suona arpeggi e accordi in sequenze fantasiose, talvolta anche esatonali, talvolta melodiche ed orecchiabili. Nonostante la dimensione pressoché contemplativa dell'album, non si prende mai né sonno né sopraggiunge la noia. "Utopian Tales" è un Lp che si fa ascoltare, si impone alle orecchie con la sua genuinità di contenuti, e di buon gusto senza pretese di originalità estrema. (Gilberto Ongaro)