MDGA  "The album"
   (2017 )

Questo disco sarà anche umorale, viscerale, talvolta vittima di una eccessiva autoindulgenza e preda di perdonabili leggerezze testuali; ed è vero che cede di continuo alla tentazione dell’invettiva tra risentimento, denuncia e assalti all’establishment. Ma mi piace, per una serie di motivi che in larga parte prescindono dagli intenti primari che chi lo ha realizzato forse si prefiggeva. “The Album”, esordio per Beta Produzioni degli MGDA, sette ragazzi di Matera non privi di trascorsi di rilievo, è un lavoro paradossalmente di facile ascolto, godibile e fluido, sebbene spinoso nei contenuti e scomodo intellettualmente. Sotto la plumbea cappa barricadera ed antagonista, l’aspetto di maggior risalto è la bella scrittura di brani astuti ed incisivi, con la voce inasprita di Davide Morina a menare fendenti nervosi tra 99Posse (“Boom Crash”) e Linea77 (“Questa è la mia vita”, con ruvida chitarra in evidenza), serbando un gusto solare per melodie ed incastri. Crogiuolo di testi amari intrisi di incattivita desolazione veicolati da un substrato di reggae inacidito, “The Album” conserva intatti spirito e ferocia per undici tracce segnate da nitide sequenze armoniche (“Un istante”), schegge di ska (“Energy Technology”) e rare incursioni in territori più impervi, timide ipotesi di sperimentazione di nuove vie di fuga (“Hear Me Now”, il solo pezzo interamente in inglese, con un sound più spinto sul versante dell’elettronica). All’insegna di un suono meticcio che muove dalla mistura imbastardita di sobborghi e banlieu assortiti, la vitalità delle trame tiene a galla l’impianto complessivo di un lavoro che oscilla tra vestigia di Mano Negra e Ska-P ed un tocco irresistibile per i ritornelli. Almeno sei episodi costituiscono altrettanti anthem che brillano di essenziale immediatezza: l’opener “A Sud Di Ogni Cosa” con una sontuosa linea di basso ed una coda in crescendo, una “Libera-mente” efficace a dispetto della poca originalità tematica, il clamoroso singolo “Big Town”, la serrata polemica di “System Default”, la mesta aria in minore de “La Mia Generazione”, il balordo ska filoambientalista di “Energy Technology” che si allarga su un synth anni ’80 memore addirittura del Renatone degli albori. Tra frammenti di Indochine, Africa Unite, Editors, Subsonica e quant’altro va in scena un disco inconsueto che riesce a mascherare qualche legittimo vizio di forma con una irrefrenabile comunicatività: band intrigante, da rivedere magari con una scrittura più profonda che affini il possibile senza smarrire quel tiro inesauribile. Per ora basta e avanza, il disco è a tratti francamente irresistibile, il potenziale enorme. (Manuel Maverna)