ZEITKRATZER, S.SPAJIC, D.TOMIC & O.MILIC  "Serbian war songs"
   (2017 )

Esistono realtà che cercano di mischiare le carte e superare i compartimenti stagni tra musica "alta", "leggera" ed etnica, e gli Zeitkratzer sono una di quelle. E' una formazione di nove musicisti provenienti da diverse parti d'Europa, che al momento di essere operativi si ritrovano a Berlino. Capitanata da Reinhold Friedl al pianoforte, è composta da clarinettista, cornista, trombonista, percussionista, due violinisti, violoncellista e contrabbassista. Dunque stiamo parlando di una piccola orchestra, fondata nel 1999, che dopo vari esperimenti (tra cui l'aver presentato una rilettura dell'album - dispetto di Lou Reed "Metal Machine Music"), nell'album "Serbian War Songs" ospita tre cantanti, Dragana Tomiç, Obrad Miliç e Svetlana Spajiç: quest'ultima è un'esperta di canti tradizionali serbi del periodo della Grande Guerra, e ne recupera alcuni cantandoli con la sua voce chiaramente non impostata classicamente, e fa rivivere le emozioni vissute dal popolo nel periodo bellico. Il folk si incrocia con delle (de)costruzioni musicali che si rifanno alla serialità e alla musica aleatoria. Gli Zeitkratzer sono debitori di Stockhausen. Il brano d'apertura "When the clouds come from the sea" fa sentire da subito il gusto per la dissonanza totale dell'orchestra; sopra il caos si staglia la doppia voce che intona un canto polifonico. Non fatevi ingannare dai titoli in inglese: la lingua ascoltata è il serbo. Obrad Miliç oltre che cantante è suonatore di gusle e diple, strumenti etnici serbi, e "Haven't I told you my darling" è un minuto cantato su un'atmosfera sospesa, che introduce il lungo e inquietante racconto "Assassination in Sarajevo". All'inizio, come da tradizione degli studi di etnomusicologia, si sente solo la voce solista accompagnata dal suo strumento folk, in questo caso il gusle. Questo però non è uno studio accademico, ben presto arrivano acuti stridenti di violino. Gradualmente voce e gusle vengono sommersi dall'impeto dei nove pazzi, fino a traboccare in uno scenario apocalittico, che spinge voce e gusle sullo sfondo. "Last night Dorde went through Valjevo" è un altro canto a doppia voce, che prosegue in "The battle at Mackov Kamen", un bordone di una nota mentre per la prima volta ascoltiamo un ritmo regolare di batteria, un 3/4, dove fiati ed archi accrescono i loro lamenti horror. In "When I go to war" le voci intonano note lunghe e dolorose. In "Salute to Zivojin Misic" le melodie cantate sono in tonalità maggiore, gli Zeitkratzer però ben presto ripartono con il loro dadaismo sonoro che scricchiola. "Shvabo Came" è introdotta dal charlie di batteria; l'orchestra realizza dei bassi che sembrano imitare lontani motori d'aereo, minacciosi e vibranti. I violini ogni tanto condiscono con dei pizzicato, e le voci cantano allegre e festose le strofe del loro canto, lasciando in mezzo lunghe pause, e contrastano con l'angoscia psichedelica che crea la formazione di Friedl, conclusa a sorpresa da un battito sospeso di triangolo. Il contrasto continua: "There is no spring without water" porta un rapido loop elettronico colmo di resonance, che viene imitato dal pianoforte, inseguendo quella sequenza di note all'apparenza casuali e facendone un refrain. Sopra quest'alchimia che risulta allegra, la voce canta quasi piangendo. In "King Peter" le voci si fanno più solenni, concludendo le armonie in intervalli di quinta e quarta. Un timpano da colonna sonora scandisce lenti battiti aritmici su un'atmosfera sospesa di archi che creano una texture agitata dove spicca il clarinetto. In "The boat is sailing" tutti gli strumenti eseguono diversi glissati, come pure le voci. Il pezzo finale si chiama "Encore", che è un termine che corrisponde al nostro "Bis!", e infatti qui non ci sono testi di brani tradizionali: le voci improvvisano vocalizzi violenti; metà brano è occupato dal diple solista, e poi di risposta arriva l'improvvisazione collettiva di tutti gli Zeitkratzer, che ci salutano così, nella loro brutalità organizzata. Decisamente non un esperimento di facile fruizione, che potrà però essere apprezzato sia dai seguaci delle avanguardie colte, che dagli affezionati del krautrock e della musica cosmica. (Gilberto Ongaro)