LAMBSTONE  "Hunters & queens"
   (2017 )

I milanesi Lambstone esordiscono con “Hunters & Queens”, sfoderando un sound deciso e duro. Un lavoro convincente che attinge la sua linfa vitale dai Pearl Jam, anche se sembra di sentire, ascoltando la voce di Alex “Astro” Di Bello, i Nickleback (perdonate gli accostamenti specie se i gruppi in questione non incontrano i vostri gusti musicali). La lunga gavetta in giro tra piazze e locali, una line up che muta tra il disco in studio e l’attuale formazione (infatti i brani sono stati registrati da Luca Guidi alla batteria) e un maggiore affiatamento di gruppo fanno dei Lambstone una band collaudata ed energica. Al fianco del già citato vocalist Alex “Astro” Di Bello troviamo Giorgio “Dexter” Ancona e Ale “Jackson” Ancona alle chitarre, Andrea “Illo” Figari al basso e Andrea “Castello” Castellazzi alla batteria a sfidare il mercato discografico con nove tracce inedite e la cover di “Dust In The Wind” dei Kansas, riarrangiata in una chiave più rock e moderna rispetto all’originale del 1978. “Hunters & Queens” si apre con il sole, “Sun”, un brano molto convincente e preludio di ciò che l’intero lavoro riserverà alle orecchie dell’ascoltatore. Un rock energico che non si arresta di fronte ad “Hunting”, con basso e batteria che ben si coniugano ad una vocalità decisa e con chitarre che sapientemente si ricavano brevi ma intensi momenti solisti. “Queen”, la terza traccia, ha un intro soft generando l’illusione nell’ascoltatore di essere in presenza di una rock-ballad, ma l’illusione si dissolve dopo meno di un minuto, quando il brano si riallinea alle sonorità dei precedenti. “Kingdom”, “Stronger” e “Hopeless” sono pezzi sanguigni, pieni di energia e molto vicini alle sonorità dei Pearl Jam, specialmente nella coralità dei ritornelli. “Jesus”, inquietante con l’intro di basso e la vocalità sussurrata ma pronta ad esplodere dopo pochi secondi, vorrebbe sconfinare nel metal-prog ma non ha la stessa forza evocativa, mentre “Violet” è uno dei pezzi più belli di tutto album (parere personale, ovviamente) poiché si discosta dai brani precedenti e fa emergere ancora di più la sintonia della band. Una sintonia che non vien meno in “Grace” a chiusura di un lavoro (escludendo la cover dei Kansas, effettiva ultima traccia del disco) non originale ma ottimamente orchestrato e suonato. Nel complesso le sonorità rock si sposano bene con i temi trattati (amori violenti, peccati, fatti di cronaca ecc.) e fanno del disco d’esordio dei Lambstone un buon inizio per una band che ha grandi potenzialità, carattere ed energia. (Angelo Torre)