CATTIVE ABITUDINI "20:3"
(2017 )
Graditissimo ritorno di una band che ha fatto la recente storia del punk italiano, che è mancata per tanto tempo e ora propone un nuovo, fresco album che porta l'impeto di sempre, quasi come se i componenti non fossero invecchiati neanche un po'. Del resto, le Cattive Abitudini sono dure a morire! La formazione trevigiana, derivata dai Peter Punk, pubblica un Lp che si chiama "20:3", e già il titolo cela la voglia, rimasta intatta nel gruppo, di rinnovare la controcultura che si oppone all'ottuso sistema odierno, economico e culturale. Dividendo 20 per tre si ottiene 6,66 periodico, evidente allusione al numero della bestia per eccellenza ("satana" deriva dall'ebraico e significa "oppositore", per chi ancora non lo sapesse). Il dio in questione ovviamente ha ben poco di religioso, essendo il dio denaro - a cui, ad esempio, si è venduto Pinochet, tanto per citare ancora una volta i Peter Punk - che è la vera religione che seguiamo tutti, anche chi lo nega. Chi ha più di trent'anni oggi ed ha fatto parte di questo mondo dovrebbe fare un'operazione culturale: passare nelle scuole superiori e diffondere negli altoparlanti questa musica, facendo arrabbiare i presidi (magari qualcuno approverebbe). Le nuovissime generazioni non sono ancora perdute, semplicemente non hanno punti di riferimento per indirizzare la loro naturale voglia di libertà, e abbandonando i capricci per futilità e le risse per i like che diventano sempre più pericolose, il loro fuoco potrebbe accendersi con le parole di "Virus": "gocce di follia, siamo pioggia acida, corrodiamo un equilibrio statico. Gocce di follia, l'universo è tossico e ne siamo il fulcro imprescindibile". Acuta frecciata in "Funerale per un amico", quando si chiede il perché della sua morte: "Sarà stato un bicchiere di troppo, o il fumo passivo oppure Mtv". Oggi il canale in oggetto è tutto fuorché musicale e culturale, e da sempre è stato il bersaglio dei rocker più irriducibili (come ricorda Jack Black in "School of Rock"). Il ritornello del pezzo poi ricorda: "Lo spirito non muore mai", e anche se forse è riferito allo spirito dell'amico scomparso, queste velocissime canzoni, in cui la chitarra è in primo piano più della voce, fanno pensare ad uno spirito molto più grande, collettivo (simile a quello della corrente Oi), del quale la speranza è che diventi sempre più inclusivo. La critica sociale poi è particolarmente efficace, perché non è calata dall'alto come potrebbe fare un classico cantautore moralizzante, bensì dal basso, e come da sana tradizione punk la quarta parete non esiste più da un bel pezzo: "Certo che ho sofferto, certo che ho sbagliato, ma se si sta fermi non si cresce mai". L'album prosegue con altre frasi che sanno di resistenza "in ginocchio non mi metterò", "qua c'è il sangue di chi crede che ogni uomo sia senza catene", "se sei rimasto solo fatti una o due domande", "più mi stringi più mi dimenerò", "mi autodistruggerò se non mi lancerò fuori da un treno che corre verso la follia". Il nuovo inno "Moriremo per noi" recita: "Moriremo per noi, fianco a fianco, con gli amici miei. Altro che falsi eroi, noi vogliamo vivere!". In più testi c'è l'incitamento a svegliarsi, o dalla vanagloria o dalla cecità volontaria nei confronti della realtà, dichiarata da una posizione antagonista: "Sono il primo dei tuoi guai", "Sono il fuoco che tu temi", "Senza pilota, controlli in avaria". L'ultimo pezzo, "Il male assoluto", rimarca questa ribellione al dio denaro: "bestemmie lanciate al cospetto di Dio, che nel fango ci ha messo del suo". E se la società come al solito emargina chi si discosta dal pensiero unico, facendo sentire "circondati" i liberi pensatori, le Cattive Abitudini con il loro hardcore punk melodico sono in grado di fare identità e fungere da collante per tutte quelle persone che non vogliono chinare la testa; e forse questa lunga pausa dalla scena ora può tornare utile per riavvicinare le generazioni in un unico pogo. Sempre che i millennials non si facciano la bua!
PS: i più affezionati troveranno in coda all'album una lunghissima ghost track, dove ascoltare le voci dei componenti che parlano a braccio creando divertentissime situazioni radiofoniche, ed un regalo da parte di Bruno Sponchia degli Industria Onirica (band diversissima, ma di cui speriamo di poter parlare presto). (Gilberto Ongaro)