FABRIZIO DE ANDRE'  "Non al denaro non all'amore né al cielo"
   (1971 )

Avevo otto anni: dei testi di Fabrizio De André non capivo nulla, Edgar Lee Masters non sapevo neanche che esisteva. Tutt’al più mi divertiva la storia del nano “carogna di sicuro perché ha il cuore vicino al buco del culo”.

Ma l’istinto del futuro libertario e antimilitarista mi faceva preferire il vecchio magnetofono dei miei (scomodissimo, con le enormi bobine da rigirare), alla più pratica radio, dove avrei potuto godermi la Hit Parade di Luttazzi, con i suoi Cugini di Campagna, Alunni del Sole e simili amenità. Questo ed altri capolavori di De André da quelle bobine ben presto si fissarono nella mia mente e divennero la colonna sonora delle prime scorribande solitarie in bicicletta, alla scoperta del mondo, insomma dei primi assaggi di libertà.

Sentivo, per puro istinto, che in quel disco c’era qualcosa di buono, qualcosa che mi avrebbe accompagnato e guidato ancora a lungo. La musica già mi affascinava, così suggestiva, così diversa da quella delle canzoncine consigliate per la mia età. Mi affascinavano particolarmente il clima agghiacciante di “Dormono sulla collina” e quello onirico di “Un ottico”, con le sue spettrali sovrapposizioni di voci. Molti anni dopo scoprii che il mio istinto infantile mi aveva guidato verso una vera e propria opera d’arte.

Lessi l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, ormai un classico. Poeta americano, libertario come De Andrè, Masters presentò nel 1915 questa galleria di personaggi, gente comune che dalla tomba riassume la propria vita in un breve epitaffio, finalmente con assoluta sincerità, cosa che in vita non era mai potuta accadere a causa dell’ipocrisia e delle convenzioni. De Andrè scelse nove tra le circa trecento storie dell’opera originale e le attualizzò, alterando significativamente il testo originale. Quindi leggere Masters, anche se aiuta, non è indispensabile per comprendere quest’opera, che ha una sua autonomia e un suo valore intrinseco.

A rendere indelebile questa sequenza di ritratti contribuiscono anche musiche molto ispirate, per le quali collaborò un allora sconosciuto Nicola Piovani, ora arcinoto compositore di colonne sonore. “Dormono sulla collina”, musica e testo raggelanti, ricalca fedelmente l’introduzione che apre l’opera poetica originale, ma è l’unico caso. Ecco quindi profilarsi i personaggi: “Un matto”, cioè lo “scemo del villaggio”; “Un giudice”, nano che si vendica di anni di derisioni grazie alla toga: “E allora la mia statura non dispensò più buonumore, a chi alla sbarra in piedi mi chiamava Vostro Onore…”. “Un blasfemo” pensa che Dio imbrogliò il primo uomo: sarà arrestato e poi ucciso da due guardie bigotte. “Un malato di cuore” conosce un solo momento di felicità baciando la sua donna, ma proprio allora il cuore lo tradisce. “Un medico” intende il suo mestiere come una missione, subito punito dai colleghi, che gli affidano clienti incapaci di pagare: finirà in prigione “bollato per sempre Dottor Professor Truffatore Imbroglione”. “Un chimico” è così razionale da non capire come mai gli esseri umani, invece di combinarsi attraverso leggi perfette come gli elementi, si combinino attraverso l’amore “affidando ad un gioco la gioia e il dolore”. “Un ottico” è uno “spacciatore di lenti”, un venditore di illusioni, che fa occhiali su misura per clienti che vogliono viaggiare nella fantasia. Infine “Il suonatore Jones”: unico personaggio a suo modo “vincente”, artista fuori dai giochi meschini del potere e dell’invidia. Morirà felice e senza nemmeno un rimpianto, né un pensiero “non al denaro, non all’amore né al cielo” (titolo e senso di tutto il disco), avendo cercato per tutta la vita solo la libertà, e questo disco è soprattutto un meraviglioso inno alla libertà.

Qualche anno fa sentii che un certo Morgan (confesso che all'epoca non lo conoscevo nemmeno) ne avrebbe fatta una nuova versione. Non sapevo che ne poteva venir fuori, ma comunque, pensai, ben venga: se questa nuova incisione dovesse servire a spalancare orizzonti di libertà a qualche bambino di otto anni, magari dotato di lettore mp3 al posto di un ingombrante magnetofono a bobine, avrebbe già svolto la sua funzione. (Luca "Grasshopper" Lapini)