DISTINTO "C'est la vie"
(2017 )
Potrei anche sbagliarmi, n'est-ce-pas?, ma questo disco mi è parso eccellente: non al primo ascolto, lo ammetto, ché ero troppo impegnato a soffermarmi su dettagli superficiali senza concedergli il privilegio di irretirmi nella sua infida, dolce trappola. Essenzialmente costruito attorno ad una vocalità suadente, squillante e levigata, “C’est la vie”, terzo album (secondo sulla lunga distanza) dei Distinto, quartetto milanese nato nel 2011 dall’unione tra il chitarrista Daniele Ferrazzi e la cantante Daniela D’Angelo, regala dieci tracce di pop sì elegante, ma a tal punto ondivago da sottrarre appigli pur suggerendoli: soltanto la rinuncia più o meno esplicita ad inseguire arie catchy sembra mantenerlo al di qua dell’accessibilità cui parrebbe mirare. A rebours, potrebbe trattarsi invece di un lavoro che nasce ingannevole, abile a nascondersi dietro il paravento di una voce che, sirena deliziosa e melliflua, ammannisce testi scomodamente indigesti (“Un bel sabato mattina”). Sempre a breve distanza da uno sfuggente taglio jazzy (“Lili d’agosto”, che ricorda molto la “Schumacher” di Mai Lan in una veste da Riccardo Sinigallia), l’album, introdotto dall’insistito controtempo de “Il mondo non aspetta”, si snoda tra arrangiamenti maniacalmente rifiniti ed una densità di contenuti che gioca di continuo – contrasto stridente – con la delicatezza dell’andazzo generale, spaziando dalla desolata ballad de “L’invito” alla dimessa aura sintetica di “Ridi”, risolta in un tema avulso su una stralunata melodia à la Afterhours, dallo slow di “Nella mia nuova casa” – impreziosito da una inattesa impennata - alla singhiozzante cadenza elettrica di “Clorofilla”, contorta e sbilenca, con voce più defilata. Affidare al bel canto un disco che è intimamente indie senza mai sembrarlo del tutto: arduo stabilire fino a che punto la distonia sia voluta, ma dal mio personale punto di osservazione è questo il tratto distintivo che rende intrigante il progetto. “C’est la vie” non cerca groove, non possiede slancio emotivo o incontrollata frenesia, gravita alla larga da qualsiasi improvvido cuore/amore: mi ricorda vagamente l’approccio dei Warpaint, ad esempio nella sottile armonia sfuggente di “Me&you”, qualcosa che inspiegabilmente rapisce, ma conserva intatto e sommerso il seme di una impurità genetica incancellabile. ''Vuoto cammina con me/mi fa schifo la gente/anche quella importante/anche se non disdegno la bellezza/mi fa schifo la gente/che piscia in riva al fiume/e poi ci si bagna bevendo'', recita spiazzante “Vuoto cammina con me”: è l’impavida dichiarazione di intenti di un’anima sporca in abito immacolato, disorientante scorcio di un chiaroscuro stilistico la cui complessità travalica forse le intenzioni stesse di chi lo ha concepito. Ma potrei anche sbagliarmi. (Manuel Maverna)