DAN LOGOLUSO  "Back from a journey"
   (2016 )

Dan Logoluso – membro fondatore della band prog-rock Timesword – stupisce con un disco di debutto maturo che è un incrocio strampalato ma vincente tra le chitarre elettriche di Steve Vai e John Petrucci e gli intrecci virtuosistici di John Zorn e del suo prodotto Moonchild. Sempre in bilico tra hard rock e blues, tra jazz e avanguardia, l’album scorre in maniera fluida e conquista, penetrando già dal primo ascolto nelle orecchie e nel sangue.

Il disco si apre con ''Outdoor'', la porta d’uscita, che in realtà è l’entrata in questo mondo pieno di velocità e di ritmo. Pochissimi sono i momenti di pausa: Logoluso ci avvolge con le corde del suo strumento fino a toccare l’universo del metal, con una qualità sonora ed una tecnica strumentale eccelse. Non sorprende la forte influenza dei Faith No More, gruppo che ha fatto della chitarra un vero e proprio oggetto parlante; altrettanto interessante è la breve introduzione rilassante che rimanda a certe atmosfere del Mike Oldfield più celebre. Il titolo del disco, ''Back from a Journey'', sembra essere un monito che Logoluso lancia all’ascoltatore ed a sé stesso: l’universo prog-rock dei Timesword non viene certo accantonato, ma è un punto di partenza – un viaggio e non il viaggio – verso nuovi orizzonti, la scusa più funzionale per apprendere e tenere con sé l’esperienza maturata insieme al gruppo, farne tesoro e riproporla in una veste nuova ed ancor più diversificata. In questa direzione colpisce la stupenda ''Stillness'', che abbandona il metallo e si tinge di argento pop grazie ad una melodia dolce e pura, che culla l’ascoltatore dall’inizio alla fine. Il brano è costituito da un lungo, interminabile assolo, accompagnato da una batteria minimale ma bellissima. Il resto del disco si estende nello spazio enorme che queste attitudini creano: gli episodi più duri, conturbanti e sensuali come ''With Heart'' e ''The Fight'' – quest’ultima molto intrigante per i virtuosismi che racchiude, tali da farla rassomigliare a John McLaughlin o a Van Halen – sono bilanciati da parentesi più leggere e fortemente sentimentali, come ''One More Step'' e ''True Love''.

Quello che più colpisce di Dan Logoluso – al di là della sua notevole competenza chitarristica – è la voglia di crearsi uno spazio tutto suo nella scena musicale, così da non poter essere etichettato in un unico genere. Le aperture melodiche di alcuni assoli si scontrano con brani acidi e rabbiosi, che sembrano il prodotto di un gruppo prog-metal formato da veterani colmi di esperienza e amore per i propri strumenti; è curioso, invece, che siano il prodotto di un chitarrista estremamente versatile, al debutto da solista, che sa mescolare in maniera sorprendentemente originale sussulti avant-rock o dream-pop con l’aggressione sonora di Led Zeppelin o Iron Maiden. Se inizialmente la vicinanza delle diverse influenze risulta straniante o addirittura pesante, alla lunga si nota quanto talento e quanta minuziosità abbia impiegato Logoluso per farle combaciare senza che si calpestino i piedi o si azzuffino tra loro. In ''Swollen River'', il brano finale, Logoluso cerca di prendere atto della cosa e prova a tirare qualche somma: all’effetto tragico e aggressivo che caratterizza la chitarra giustappone aperture melodiche, mentre un crescendo devastante sfocia nel finale heavy metal.

''Back from a Journey'' è la dichiarazione di indipendenza che un artista già maturo decide di apporre come un marchio rovente sul suo debutto solista. La lezione dei Timesword è stata assorbita e inglobata; le influenze di chitarristi monstres come Steve Vai e di gruppi storici come Faith No More sono evidenti. Nonostante ciò, Logoluso non è soltanto derivativo: da un impianto ben definito (e già ben spremuto nel corso dei decenni) riesce a trarre una linfa nuova e nutriente, che possa coinvolgere nuovi adepti e avvicinarli anche alle sue fonti: solo così, infatti, l’artista può essere sia inventore che insegnante. (Samuele Conficoni)