TEVERTS  "Towards the red skies"
   (2016 )

Il progetto già maturo dei Teverts – il gruppo è attivo dal 2006 – giunge alla fatidica tappa del secondo album, punto cruciale per ogni band. Il disco si mantiene su livelli abbastanza alti, sufficientemente intriganti da attirare l’ascoltatore – specialmente quello che ama lo stoner e lo psych rock – senza annoiarlo un solo istante. C’è tanto dentro ''Towards the Red Skies''. Il genere che predomina è lo stoner rock, ma troviamo anche accenni di prog-metal – che non sono pochi, e risultano evidenti soprattutto in ''Charles Dexter Ward'', nel suo finale torbido con influenze di Tool – e psych-rock, per alcuni tratti nell’impostazione chitarristica, per altri nel trattamento vocale. Il disco regala sin dall’inizio un momento estremamente convincente: in ''Control'', infatti, la voce entra inaspettata e brusca dopo alcuni eleganti e claustrofobici fraseggi di chitarre. Nell’intero album è la chitarra a creare volume e a dare peso alle canzoni; la batteria smussa i momenti più critici e si trattiene fino al point break, il punto di rottura in cui esplode e sparge intorno tutta la sua carica, mentre la voce occupa ogni singolo spazio di questo microcosmo che si è creato, non rinunciando mai a una certa veemenza che rende l’atmosfera vicina all’hard rock. Le urla potenti à la Nickelback e Korn sono relegate a ''Two Coins on the Eyes'', che nell’arrangiamento strizza l’occhio anche a qualche episodio abbastanza recente della carriera solista di Chris Cornell, mentre la parentesi più melodica è ''Shine'', che alterna fasi tranquille a esplosioni improvvise. Gli arrangiamenti sono curatissimi e perfettamente integrati nella struttura delle canzoni; le chitarre, in certi passaggi, risultano lievemente prevedibili nel loro alternarsi tra ritmica e assolo, ma i risultati sono apprezzabili, gli intrecci virtuosistici della title track ''Towards the Red Sky'' e di ''Shine'' rappresentano momenti eccellenti. La conclusiva ''The Sanctuary'' concentra le tante influenze del gruppo: un inizio psych rock si fonde dolcemente con un passaggio stoner dove le chitarre dominano la scena, finché la canzone non si stabilizza all’interno di una cornice metal più definita. Questo album segna il passaggio del gruppo alla Karma Conspiracy Records – casa discografica molto attenta a valorizzare gruppi metal o stoner della sfera italiana e non solo – e serve alla band come definitiva “guida” ai principali modelli che la hanno formata nel corso degli anni. Qui vengono fissate su pietra – cristallizzate, in modo quasi perentorio – le linee che sono state percorse, e il sentimento generale, estremamente positivo, è che siano un punto di partenza, non di arrivo, verso nuove evoluzioni future. (Samuele Conficoni)