MANUEL RINALDI  "Faccio quello che mi pare"
   (2016 )

A poco più di un anno di distanza dall’album d’esordio, ''10 Minuti'', Manuel Rinaldi torna con un’energica opera seconda, che conferma la sua totale libertà artistica ed il periodo di grande ispirazione che sta attraversando. Il produttore artistico, Fabio Ferraboschi, aveva già collaborato con Rinaldi. Il brit-rock proposto su ''10 Minuti'', caratterizzato da sonorità ruvide unite a melodie estremamente orecchiabili, aveva sorpreso gli addetti ai lavori ed alimentato la curiosità nei confronti di questo cantautore fuori dagli schemi. Quello che da subito sorprende è la cura per gli arrangiamenti. La schiettezza dei testi – che toccano tematiche sociali e politiche, come la critica allo Stato che non rappresenta più il cittadino e che lo incita solo ad accumulare denaro e prevalere sul proprio simile, in ''Lo Stato dei Soldi''; la falsità nei rapporti interpersonali, in ''La Gente Giusta''; ancora, la totale rivendicazione di autonomia del cantante nei confronti degli altri e persino degli dei, in ''Faccio Quello Che Mi Pare'' e ''Stanco degli Dèi'' – è accompagnata da una capacità geniale di Rinaldi, non da subito evidente, di pesare ogni istante di ciascuna canzone. La descrizione generale di ciò di cui parlerà nel brano o che si sta verificando intorno a lui è accompagnata da momenti più intimi, meno rumorosi; lo scatenarsi dell’azione e delle invettive di Rinaldi è invece riempito da atmosfere elettriche, con chitarre colme di effetti e colpi di batteria aggressivi. In questa formula, però, Rinaldi non si distacca mai dal marchio di fabbrica della classica canzone rock per tutto l’album, ed è forse questo l’unico suo limite, che lo rende a tratti leggermente prevedibile. Non manca la hit orecchiabile, ''L’Ultimo Giorno'', dove splende con maggiore intensità la voce roca e cattiva di Rinaldi, che in alcune sfumature può ricordare quella di Luciano Ligabue (N.B.: il paragone non è inteso come pregio o difetto, ma come dato di fatto): voce che tocca però un range decisamente più ampio di note rispetto a Ligabue. ''L’Ultimo Giorno'' è una riflessione oraziana sul tempo che passa, sul cogliere il momento senza meditare troppo sulle conseguenze di ogni singolo gesto. La dichiarazione di poetica di ''Faccio Quello Che Mi Pare'', forse la descrizione perfetta della carriera di Rinaldi fino ad ora, è anche il capitolo più originale e curioso del disco, dove un cantato allegro si accompagna ad una melodia scura e agitata. Il contrasto che ne deriva è affascinante. L’ironia e la voglia di sorridere sono l’elemento comune dell’intero disco, e sono particolarmente pungenti in ''La Tua Faccia Come Quella di Courtney'': una persona importante nella vita di Rinaldi è simile a Courtney Love, ed è proprio lì che per lui iniziano i problemi... L’assolo di chitarra, che ricorda in qualche modo quello di ''Smells Like Teen Spirit'', ed il lamento finale che ripete “Love, Love, Love” alla cobainiana maniera – ma anche con qualcosa del primo Axl Rose – sono l’ennesima prova della grande versatilità del rocker di Guastalla. Con le più lente ''Non Ho Capito'' e ''La Gente Giusta'' Rinaldi equilibra la parte centrale e finale del disco, per non rischiare che l’ascoltatore possa avere la sensazione di ripetitività della formula del classico brano rock che fino ad allora aveva prevalso. ''La Gente Giusta'' è – sia per il testo, duro ma malinconico, che per la melodia accattivante e il cantato quasi malconcio – la punta di diamante di ''Faccio Quello Che Mi Pare'' e resta in testa dal primo ascolto. La chiusura – ''Stanco degli Dèi'', titolo intrigante e complicato per i concetti che veicola – è un pianto cosmico che in una situazione di difficoltà e distruzione di sé stessi cerca – o prova a costruire in mezzo alle macerie – di modellare un nuovo Io, una rinascita difficile, che la musica esprime attraverso una voce volutamente strascicata ed un lunghissimo assolo di chitarra dal tono progressive che termina in un vortice, fatto più di incertezza che di speranze. E questo è il risultato che Rinaldi voleva centrare: occorre muoversi in una direzione di imprevedibilità e anarchia – musicale, filosofica, sociale – per catturare le incoerenze e le illusioni di questi anni, tremendi e stimolanti, e forse stimolanti proprio perché tremendi. (Samuele Conficoni)