NANCO "Acerrimo"
(2016 )
In musica come in altre forme d’arte esistono svariati modi per esprimersi, comunicare, proporsi agli astanti: Nino Di Crescenzo, in arte Nanco, ragazzino di quarant’anni, parte dei quali spesi in vite diverse da quella in cui ha oggi scelto di cimentarsi, si offre all’uditorio in guisa di cantautore sui generis debuttando su disco con “Acerrimo”, dodici tracce inedite in cui inietta con sfrontata baldanza prove indiziarie di una indomita personalità. Nino accoppia ad un possente timbro vocale sia un canto stentoreo, sia doti comunicative inusuali, contribuendo in tal modo a rivestire brani intriganti di una allure che supera la somma delle parti. L’atout principale di questo ispirato album, che mai smarrisce le coordinate tracciate né conosce flessione alcuna, è il solido equilibrio che bilancia un’interpretazione sempre carica, chorus sparsi di facile presa (su tutti svetta quello di “Il periodico di turno” col suo contagioso vocalizzo, un po’ “Class historian” dei Broncho, un po’ “Walk on the wild side”), brusche impennate inattese e – non ultimi – testi sì diretti ed incisivi, ma sempre venati di una cruda poesia di strada, tanto semplice quanto efficace nel disegnare con lucido disincanto istantanee di vita quotidiana. Se la metrica del canto ricorda talora l’approccio frontale di Moltheni/Umberto Maria Giardini (“La lingua scotta”), talora quello di Francesco De Gregori (ad esempio nella bella title-track che apre il lavoro), Nino sfoggia comunque uno stile del tutto personale nell’affrontare con piglio impavido sia soliloqui introspettivi (l’indolenza sbilenca di “Per ogni lacrima”) che squarci di poesia introversa (“Pavese”), alzando il ritmo nell’up-tempo punkettaro di “Virtuale”, mostrandosi a proprio agio perfino nella bordata grunge di “Piombo” o nel cadenzato rallentamento lo-fi à la Umberto Palazzo di “Povero Cristo”, pennellando infine il bozzetto agrodolce di una incantevole “Amsterdam”, metafora di amore filiale su un’aria degna di Massimo Bubola. Resta da rimarcare la godibilità di un lavoro che mai cede alla tentazione di svendersi per guadagnare spendibilità, disco fruibile ma intransigente, che in questo delicato connubio trova la propria forza di attrazione: album da ascoltare e riascoltare per coglierne ad ogni passaggio dettagli che si svelano gradualmente come i riflessi di un paesaggio al mutare della luce, “Acerrimo” è dimostrazione inconfutabile della multiforme versatilità di un autore da osservare in futuro con ammirata attenzione. (Manuel Maverna)