VOINA HEN "Noi non siamo infinito"
(2015 )
"Noi non siamo infinito", seconda prova degli abruzzesi Voina Hen dopo l'ep "Finta di niente" del 2013, esprime una rabbia fuori dal comune. Le note sono dure, ma soprattutto i testi non lasciano scampo a sentimentalismi o anche solo ad uno squarcio di serenità. Come afferma la stessa band, "il glorioso fallimento della nostra generazione è un'irripetibile opportunità: ci dà il permesso di essere incazzati, di ubriacarci, di mandare a fare in (...) i nostri vicini, di girare con le maglie bucate e le scarpe rotte...". Il disco viene infatti definito "un manuale per imparare a danzare sulle macerie". C'è quasi del romanticismo, in questa rabbia cieca. E' la negazione di tutto, fors'anche della musica stessa. E' nichilismo punk, nella sua essenza più pura, anche se la musica di Ivo Bucci e compagni non è per niente punk, è più una mezcla ottenuta shakerando grunge ed alt-rock. Però, una volta che le orecchie si sono abituate all'andazzo generale, ci spiace per la volontà estrema di rabbia e disgusto che la band vuole perseguire, ma dopo un po' è impossibile non amare questi brani. Penso che i Voina Hen si stracceranno le vesti quando leggeranno queste righe, ma "Finta di niente", in fondo, è uno splendido gioiellino grunge, che non sfigurerebbe persino su qualche airplay importante. Così come "Questo posto è una merda" (sforbiciata in faccia sin dal titolo), cantata insieme a Luca Romagnoli del Management del Dolore Post-Operatorio. E anche "La tempesta", brano a cui spetta onore e onere di introdurre l'album, è sì una dura invettiva, ma in fondo (nonostante schitarrate fintamente sfasate) si tratta di un pezzo musicalmente abbastanza melodico: duro, certo, incazzato come non mai, ma fondamentalmente melodico. E' forse questa, in fondo, l'arma in più degli abruzzesi: appaiare queste loro due anime, senza apparenti dicotomie, realizzando quindi un prodotto, nonostante le suddette durezze, parecchio fruibile. In una parola: promettenti. (Andrea Rossi)