MILAGRO ACUSTICO "Rosa del sud"
(2015 )
Multietnico collettivo aperto attivo da oltre vent’anni in una ben protetta nicchia d’arte a cavallo tra folklore, world-music e recupero della tradizione popolare mediterranea latu sensu, il progetto Milagro Acustico, diretto dalla poliedrica figura di Bob Salmieri, si arricchisce con “Rosa del Sud” di un nuovo capitolo improntato alla valorizzazione del territorio attraverso un linguaggio musicale che brilla per un entusiasmante sincretismo apolide. Opera che travalica i confini della musica in sé per divenire testimonianza di un tempo istoriato nella memoria, documentazione preziosa beatificata nel salvifico fonte battesimale di una nuova resa sonora, “Rosa del Sud” si potrebbe erroneamente derubricare a devoto tributo alla sfortunata antidiva popolare Rosa Balistreri, artista siciliana dalla tormentata esistenza; in realtà, è lavoro ben più complesso, che intende restaurare la nascosta rilevanza di un personaggio tanto grande quanto sommerso, donando alla sua anima più profonda – essa sì mai fiaccata dalle asperità di una vita di tortuosa sventura e quasi ininterrotti patimenti – la lucentezza di una new morning lontana dal dolore che indelebilmente la segnò. Estrapolando la voce di Rosa - aspra e sofferente, densa e feroce - da vecchie registrazioni effettuate con povertà di mezzi, Milagro Acustico ne riveste la filigrana con nuove composizioni inedite in un milieu capace di coniugare mirabilmente istanze mediorientali, jazz, suggestioni nordafricane ed una permeante aura folkish declinando generi e dolente emotività con l’ausilio di una ampia strumentazione e di una scrittura sempre intelligentemente funzionale alla resa complessiva. Come fosse la restaurazione a colori di un film nato in bianco e nero, “Rosa del Sud” sa ammaliare sulle ali di un canto di sirena vibrante e sbagliato, regalando al vetriolo della voce di Rosa la bandistica aria arabeggiante di “Carzari vicaria”, il reggae sbilenco di “Sognu comu un cunigliu”, lo straziato vocalizzo in coda alla sfavillante “Rosa”, o ancora la cadenza funerea – quasi blues – di “Ti nni vai”, senza mai smarrire il filo conduttore che lega e impasta le sette gemme dissotterrate dall’hortus conclusus di questa paradossalmente iconica chanteuse di strada. “Rosa del Sud” non è commemorazione bensì rinascita, gesto d’amore per l’artista, la donna, la persona ed il suo corrotto mondo spezzato, atto affatto compassionevole che celebra una resurrezione virtuale con la rispettosa deferenza dovuta a Rosa, mai così viva nella sua incrollabile dignità e nella sua ferrea volontà di lasciarsi udire oltre una redenzione divenuta imperitura. (Manuel Maverna)