ATTENTION SLAP "The animal age"
(2015 )
Si dice che scegliere qualcuno a cui ispirarsi sia già sinonimo di talento: evidentemente gli Attention Slap devono aver pensato anche a questo quando, lavorando al loro disco di debutto, hanno scelto d’infarcirlo di Orwell (“Animal Farm”) e di “Animals” dei Pink Floyd. Ciò che ne consegue è un concept album ricco nei temi come nel sound. Dieci pezzi strumentali che raccontano un mondo grigio, in cui la gente lavora solo per sopravvivere e gli uomini di potere controllano come marionette le persone, costringendole a vivere vite vuote ed insignificanti. Un album del tutto distopico, che però, alla fine, brilla di speranza grazie alle generazioni del futuro, incaricate moralmente di lottare per cercare di rovesciare un sistema malato. In breve, è questa la storia che gli Attention Slap vogliono porre alla nostra attenzione. Non è altrettanto facile riassumere in così poche parole il calderone musicale di “The Animal Age”. Il sound è allucinato, parte con un acid jazz/ambient in “Back To Istanbul” prima di un finale nervoso e da convulsioni. In “Morning Rush” ampio spazio all’elettronica e al basso, per un ritmo teso, incalzante e fortemente ipnotico. Con “Porkface”, si assiste a un’escursione in territori più puramente prog: il sound si fa più lineare, ma arricchito da echi psichedelici e delicatissime sfumature ancora acid jazz. Tutto questo prima di un pezzo rock classico, impreziosito dai fiati e dalle sembianze futuristiche in virtù dell’aggiunta di una voce robotizzata (“Bikini Rabbit”). Il sound non si discosta molto dalle due precedenti in “Donkey’s Nightmare”, torna a muoversi in continenti jazz con “Okapi’s Evolution”, prima di un finale sorprendente: “…Consequences” è scandita da un ritmo orchestrale e “Tokyo Dragon” varca i confini dell’industrial, mentre “Everlasting Mice” rappresenta la summa perfetta di un disco che rappresenta una delle pubblicazioni più belle ed originali di questo 2015 italiano. Quattro ottimi musicisti hanno dipinto un quadro raffigurante gli orrori di una società mediante una geniale metafora animale molto orwelliana, producendo un lavoro denso di significati, oltre che di elevatissimo spessore in termini musicali. Di rado s’ascoltano band già così mature agli inizi, per cui, oltre ad ascoltare con piacere questo lavoro tanto folle quanto geniale, è lecito attendersi tantissimo da loro in futuro. (Piergiuseppe Lippolis)