INSIDE MANKIND "Oikoumene"
(2015 )
Insolito e fiorente connubio fra aggressive pulsioni prog ed una inclinazione intimamente goticheggiante, quella del quintetto aretino Inside Mankind è una interessante proposta incentrata su una particolare declinazione del verbo Christian-metal, qui plasmato in toni marziali e sospinto da un alto lirismo espressivo. Il canto flautato e melodioso di Claire Briant si muove sinuoso su un registro prossimo alla lirica, ma con un esplicito retaggio medioevale a favorirne l’innesto su trame di derivazione metal, mai enfatiche nè eccedenti in barocchismi: rimangono cinquantadue minuti di coesa compattezza ed una intrinseca, equilibrata eleganza che nemmeno negli episodi più veementi la band smarrisce o incrina, pur sotto il peso di staffilate debordanti. Accenni di growl di stampo death si contrappongono – con effetto straniante, ma efficace – agli arabeschi armoniosi di Claire (accade sia in “Forty” che nella tesa “Fear”), mentre altrove chorus ariosi mitigano la generale asperità delle architetture (“Magdalen”), fino a fondere le diverse anime di questa musica finemente contorta nei sei magistrali minuti di “Keep me by the stars”, rutilante amalgama di disparate istanze portate in dote. Provvisti di solide risorse tecniche mirabilmente asservite al disegno complessivo, i cinque reggono con lucida fluidità la tenebrosa malìa di “Uneasy” (con un giro di chitarra deliziosamente elaborato), l’arzigogolo stilistico di “Toccata”, perfino i quattordici minuti della conclusiva “Human divine” (introduzione chiesastica, tapping forsennato, drumming incalzante, accenni neoclassici e molto altro), trionfo di misurato virtuosismo funzionale al contesto, mai inessenziale nè posticcio nella sua calibrata opulenza. Album frutto di un’idea ben concepita e realizzata con incrollabile integrità artistica ed intellettuale, “Oikoumene” offre spunti di interesse anche a chi non ami particolarmente un sottogenere talora ostico, qui riletto alla luce di un garbo innato che la graffiante robustezza d’insieme mai declassa a ridondante spigolosità autoreferenziale. (Manuel Maverna)