RED HOT CHILI PEPPERS  "Californication"
   (1999 )

Nel 1999, dopo il ritorno di Frusciante, i Red Hot Chili Peppers si accingevano a far uscire un disco a distanza da 4 anni dal precedente, ma in verità erano 8 anni che quella formazione non lavorava insieme. Questo fatto si nota non poco, considerando che “Californication” è un disco di semplici ballate rock, con qualche spunto elettrico pregevole e alcuni tentativi di recuperare il funk-rock del passato mal riusciti. L’eccezione è l’opening track: “Around The World” ci scaraventa come un tornado nel vecchio mondo, con un appeal orecchiabile ormai consolidato. Si prosegue bene con il rock di “Parallele Universe”, melodico e tirato quanto basta. Dopo l’incipit niente male ci troviamo davanti alla novità del lavoro; le ballate. “Scar Tissue”, dai toni agrodolci, è la nuova superhit del gruppo, apprezzabile anche se poco originale. “Otherside” tende a suoni più ombrosi anche se resta molto orecchiabile. “Californication” è una rappresentazione del mondo in cui vivono i quattro; di facile ascolto. In mezzo ci troviamo “Get On Top”, brano mediocre, che a tratti risulta demenziale nel suo tentare di riproporre il funk. Dopo questa trafila di brani introspettivi, comunque ben fatti, arrivano le vere perle del disco; “Easily” è un rock abrasivo ed evocativo; “Emit Remmus”, il brano che si distacca maggiormente dagli altri, è forse il migliore; melodia vacua, refrain aggressivo e chitarra finalmente brillante. Se “Porcelain” e “I Like Dirt” non fanno altro che annoiare, “Savior” propone sonorità interessanti e “This Velvet Glove” regala uno dei ritornelli più riusciti. “Purple Stain” ha ragione di esistere unicamente per il finale di batteria, “Right On Time” è un funk veloce, ma sa di plastica. Il finale è inaspettato e strabiliante; “Road Trippin”, una confessione recitata a ritmo di chitarra e archi; un brano dall’intimità totale. “Californication” è il best seller assoluto dei RHCP, spesso viene giudicato come un capolavoro quando in realtà è solo un disco orecchiabile, con buoni pezzi rock e alcune cadute di stile. Resta un lavoro discreto, ma aspetterei a definirlo così superiore rispetto ai due lavori successivi. (Fabio Busi)