FLYING SAUCER ATTACK "Chorus"
(1996 )
Raccolta per nulla fondamentale di inediti, rarità e alt-takes di brani incisi tempo addietro, “Chorus” rappresenta un episodio minore all’interno della scarna discografia dei Flying Saucer Attack, duo di Bristol che all’inizio degli anni ’90 realizzò una interessante – addirittura seminale – ibridazione di psichedelia rumorista e suggestioni ambient, marcando in modo del tutto personale il labile confine tra i due generi. Pur non trattandosi, va ribadito, di un album imprescindibile, “Chorus” offre un intrigante compendio dell’arte contorta del duo, basata sì sul classico stilema della tenue melodia affogata dal noise estremo, ma riletta alla luce di un approccio estremamente peculiare, affine alle dilatazioni dello space-rock come a certe derive “aperte” del tardo shoegaze. Il quadro complessivo che si viene a comporre restituisce una trasognata psichedelia stordente, un caleidoscopio di sonorità sature che esplorano alcune intuizioni formali regalando un'ubriacante delirio di feedback a sommergere tutto, mentre una voce distante sussurra lisergica parole smozzicate tra My Bloody Valentine e Cocteau Twins: emblematici in tal senso i cinque minuti dell’opener "Feedback song", con un ritmo alla Swans trafitto dagli onnipresenti strati rumoristici che puntellano una canzoncina deliziosamente buttata via, impedendo all’ascoltatore di concentrarsi su un qualsiasi centro di riferimento. Qua e là il frastuono sembra placarsi ("Beach red lullaby"), ma l’ingannevole nenia prosegue incessante fino all'epilogo, sebbene priva di qualsiasi violenza o brutalità: è una musica impalpabile venata di una persistente, insinuante frenesia elettrica che ne amplifica il fascino e ne accresce la sottile irrequietezza, ambivalente connubio di fastidio e piacere. (Manuel Maverna)