DAVID GRAY "The EP's 1992–1994"
(2001 )
Con voce stentorea e non molta fantasia, il gallese David Gray, talentuoso crooner sui generis dal timbro vocale stentoreo, capace di impetuose interpretazioni tutte affidate ad una roboante emotività, raccoglie in questo album dieci brani che ne segnarono gli esordi, riportando ad unità gli ep dei primi anni ’90. Poca carne al fuoco, con molti dei brani imperniati sull’accoppiata voce-chitarra, e la loro piacevolezza – che è innegabile anche quando affiori di quando in quando un pizzico di tedio legato alla prevedibilità della scrittura e ad arrangiamenti sovente inesistenti – risiede interamente in un folk-rock brioso nel piglio ed incalzante nel suo fluire melodioso. Certo, per ascoltare un minimo di orchestrazione bisogna attendere la traccia numero cinque (“Brick walls”, con una bella apertura ed una band al completo), e da lì in avanti le canzoni cambiano tono e umore, ma soprattutto si arricchiscono di energia e di coralità: l’accompagnamento giova non poco a Gray, che resta comunque padrone della scena (con quella voce non gli è difficile) e del generale mood delle composizioni, per nulla tristi nè ingrigite come l’approccio cantautoriale indurrebbe forse a pensare. Anche nei pezzi che più vibrano per intimismo e sincera passione (l’iniziale “Birds without wings”), l’atmosfera rimane sempre discretamente gioviale, mai appesantita. Le tracce si somigliano tutte e si sviluppano poco, affidando il climax a qualche movimento in crescendo (“Shine”, cantata in tono lievemente arrochito), quasi mai impiegando tonalità minori (fa eccezione l’umoristica love-story di “The rice”), sempre mantenendosi in bilico tra ballata folk ed un rock radiofonico (“Wisdom”) di facile – ma non facilissima – fruibilità. Nessun brano incanta, nessuno delude, ma tutto sommato il relax che questo disco sembra concedere all’uditorio non è affatto disprezzabile: anche senza rimanerne affascinati, si riascolta abbastanza volentieri. (Manuel Maverna)