THOMAS FERSEN  "Qu4tre"
   (1999 )

Il parigino Thomas Fersen è l’esatto archetipo dello chansonniere francese come lo si immagina dalle nostre parti. Voce profonda e lievemente arrochita, aspetto trasandato quanto basta, pronuncia strascicata, canzoni interpretate con sofferta intensità e rese ancora più accattivanti da un tocco di furbizia ed un pizzico di genialità facilmente intuibili anche masticando poco il francese. Fin dal suo debutto tardivo – il primo album lo pubblicò nel 1993 a trent’anni suonati – gode in patria di stima e riconoscimenti, forte non solo di un’immagine gradevole, ma anche di un alone di stravaganza e di una indubbia classe che rendono il personaggio intrigante e godibile. Alla quarta prova in studio, Fersen azzecca un disco di spessore ben superiore rispetto ai lavori precedenti (tutti comunque meritevoli di attenzione), cesellando in un crooning impastato dieci tracce vibranti e dense; la scrittura è come sempre assai ricca ed arzigogolata, incentrata su calembour (la triste storia di “Dugenou” a passo di marcia funebre, o lo shuffle fin-de-siecle di “Marie des Guérites”) e racconti inverosimili. Ossessionato dagli animali - sovente ritratti in copertina – ne fa talvolta i protagonisti assoluti della canzone, dipingendo con maestria affreschi la cui tragicità apparente trascende spesso nel grottesco o si stempera in una sagace ironia: è il caso di “Les malheurs du lion” (un leone alle prese con un moscone), del brioso 2/4 da cafè chantant di “Le moucheron” e soprattutto del divertente delirio di “Le chauve-souris”, storia d’amore tra un pipistrello ed un ombrello a tempo di can-can. Gli arrangiamenti sono deliziosamente minuziosi, sempre capaci di regalare vitalità e interesse a brani già di per sè consistenti, confezionati con eleganza e capaci di affascinare già dopo poche battute: dalla love-story fallita dell’iniziale, suadente “Irène” (con percussioni e orchestra) agli accenni di valzer di “Elisabeth” (con un bel tema sorretto dai violini), dall’improbabile triangolo amoroso de “La chandelle” al noir tragicomico di “Monsieur”, desolata confessione di un maggiordomo devoto al suo nobile padrone omicida, è un caleidoscopio di suoni (Fersen è tra l’altro ukulelista), ritmi (nessun brano ha un andamento ritmico “normale”) ed immagini inusuali che si mescolano di continuo in un album artisticamente notevole, musicalmente piacevolissimo. (Manuel Maverna)