RENOIR  "Ovunquealmeno"
   (2002 )

I veneziani Renoir sono una band nata, esplosa (si fa per dire), defunta come una meteora e dissoltasi senza lasciare traccia nell’arco di circa un lustro, all’inizio degli anni zero. Il gruppo sembrava poter sfruttare la spinta di una corrente favorevole all’interno della quale potersi ricavare uno spazio di qualche rilievo (arrivarono addirittura ad aprire alcune date per Vasco Rossi nel 2001), ma, come canta Luca Carboni, a volte “le band si sciolgono/senza un perchè”, e questi quattro ragazzi non sono sfuggiti alla regola. “Ovunquealmeno” è l’album di debutto datato 2002 su label Universal, ed è perlomeno un lavoro sincero che trasuda sentita partecipazione ed intensa, veritiera passione; è una prova di leale onestà verso il mestiere, disco fatto di canzoni dignitose, a tratti ben scritte e congegnate (è il caso della title-track, che intreccia bene le chitarre ricordando nelle atmosfere la “Californication” dei Red Hot Chili Peppers), talvolta vittima di cali qualitativi preoccupanti (“La tua gioia”, “Eva”) o di accostamenti quantomeno azzardati (il grind-core distorto di “Chiodi spezzati” veleggia ad un passo dalla “Germi” di Agnelli & soci). Il suono rimane potente, rotondo, addirittura pesante, caratterizzato da un piglio decisamente rock ma derivato in larga parte dalla new-wave come si evince dalle timbriche delle chitarre e dall’insistente ricorso di queste ad intrecciare frasi che fungano da contrappunti: purtroppo è difficile abbinare intensità e potenza ad una credibile attitudine alternativa quando si scrivono versi come “Voglio credere alle parole che porta il vento/voglio credere alle promesse di un tramonto”, liriche che equivalgono ad una resa concettuale ancora prima di scatenare l’attacco. Rimane una band che si è persa nel tempo, suicidatasi per l’incapacità di far seguire a buone doti strumentali e ad una discreta perizia compositiva la necessaria astuzia nel raccontare qualcosa di veramente interessante. (Manuel Maverna)