ALAN PARSONS PROJECT "Ammonia avenue"
(1984 )
Questa volta, si parlava del mondo dell’industria e dell’alienazione umana. Oggetto leggero leggero, per un prodotto che doveva andare a far di seguito a quell’“Eye in the sky” che li aveva scaraventati ai primissimi posti delle classifiche. La sfida era quella di restare in piedi, senza però perdere di vista la voglia di sperimentare, e di non fare mai una traccia simile all’altra, anche grazie al fatto che ogni traccia aveva una voce diversa. “Ammonia avenue” riuscì nell’impresa, pur giocando di alti e bassi, grazie soprattutto al singolo “Don’t answer me” e al video, una specie di disegno animato che appassionò i telespettatori. E’ un disco più commerciale dei precedenti, dove gli artifici orchestrali e tardo-progressive si sentono soprattutto nella titletrack a conclusione dell’opera, e dove le varie “Prime time”, “You don’t believe” e “Let me go home” strizzavano l’occhio alle radio dell’epoca, alla ricerca di qualcosa che non fosse automaticamente sintetizzato e mascarato. C’erano anche passaggi a vuoto non indifferenti (“Since the last goodbye”, lento di maniera che appariva vecchia e stantia già all’epoca, più adatta ad una qualche colonna sonora di film adolescenziale a basso budget che non al Progetto), ma anche l’ennesima perlina strumentale (“Pipeline”) a dimostrare che le idee erano ancora belle toste. Faceva anche “figo”, in quei giorni, dichiararsi amanti di APP, sigla che era una perfetta mistura tra quello che era e quello che sarebbe stato, l’eleganza unita alla commercialità, senza bisogno di dare una faccia da mettere sopra un poster. Non sarebbe durata tanto, però, e i successivi lavori avrebbero mostrato la corda. Però, di roba da ricordare ce n’era eccome. (Enrico Faggiano)