TEARS FOR FEARS  "Saturnine martial & lunatic"
   (1996 )

Leggi non scritte nel mondo del mercato musicale dicono che, quando inizi a far uscire raccolte o cose del genere, vuol dire che gli affari non ti vanno poi tanto bene. Sapendo poi che, di solito, il greatest hits è qualcosa che fa inorridire i fans, magari costretti all'acquisto del doppione solo per avere l'intera collezione, o per non essere costretti a perdere, casomai, quell'unico inedito che fa da esca, appunto, per i tifosi più caldi. Molto meglio, invece, quando nei momenti di stanca arrivano chicche che magari non attirano i passanti distratti (una raccolta dei Tears For Fears senza "Shout"? Ma figurarsi...), ma che permettono agli ultras di fare la ola, e di avere un contentino in attesa di altro. Roland Orzabal era uscito con le ossa rotte da un "Raoul and the Kings of Spain" che non era nemmeno tanto male, ma che non era riuscito in nessun modo a risollevare le sorti di una franchigia che già aveva subito forti perdite dal giorno in cui il duo conosciuto ai bei tempi era diventato una "one man band". Che fare, a questo punto? La raccolta dei successi era arrivata 4 anni prima, altri inediti sembravano non voler uscire dalla sua penna - sarebbero poi arrivati nel 2001, addirittura - e quindi si decise, con una pratica nemmeno tanto rara a metà anni '90 (sarebbe successo anche ai Pet Shop Boys, agli Oasis, ai Def Leppard, eccetera), di mandare avanti i lati B. Ormai diventati rari, in un mondo in cui i vecchi 45 giri erano merce per feticisti, con conseguente perdita di buona parte del prodotto interno netto. Questo album è, appunto, la raccolta delle b-sides a nome Tears For Fears, pressochè inutile per chi volesse cercare "Change", ma ragù sulle tagliatelle di chi, il duo di Bath, lo aveva amato. Ci sono curiosità come una cover di "Ashes to ashes" di Bowie esattamente uguale all'originale, un'altra cover di "Sea song", antico brano di Robert Wyatt, una "The big chair" che avrebbe poi dato il titolo all'album del 1985, una eccellente "Bloodletting go" che sarebbe potuta essere un ottimo singolo, una "Tears roll down" che non è altro se non l'embrione di "Laid so low", buon successo del 1992. E altre piccole chicche, tra cui "Johnny Panic and the Bible of Dreams", ovvero una specie di versione rap di "Sowing the seeds of love" che buon successo ebbe, nelle discoteche, nei primi '90s. O "The way you are", mediocrissimo singolo che fece da ponte tra "Change" e "Shout", nel 1984, e che fece capire, come scrive lo stesso Orzabal nei commenti alle canzoni, che era il caso di cambiare stile e genere. Insomma: evitabile per i distratti, indispensabile per gli appassionati. (Enrico Faggiano)