LOU REED  "Lou Reed"
   (1972 )

Lou Reed è una delle figure leggendarie del rock'n'roll, prima come leader del gruppo rivoluzionario dei Velvet Underground, e poi come artista solista. A differenze della maggior parte degli artisti provenienti dalla cultura musicale di fine anni '60, Reed è riuscito a rinnovare costantemente il suo sound rimanendo, però, fedele alla sua visione musicale.

Lewis Allen Reed nasce il 2 Marzo 1942 in una famiglia di religione e cultura ebraica nella cittadina di Freeport, Long Island. Già dalla nascita, Reed vuole essere un musicista, ispirato in particolar modo dal rock'n'roll che scopre da giovanissimo. Impara a suonare la chitarra e incide un singolo stile "doo-woop" con una band chiamata "The Shades".

In questo periodo accade una delle cose che sconvolgerà totalmente l'esistenza di Lewis; i genitori, preoccupati dal suo atteggiamento ribelle, dalle sue pose effeminate e provocatorie, dal suo parlare apertamente di omosessualità e dal suo sempre maggiore interesse verso la "musica del diavolo" (il rock'n'roll), decidono di rivolgersi ad un centro psichiatrico specialistico per farlo curare. Il giovane Lewis accetta la volontà dei genitori e si reca alla clinica tra il divertito e il curioso: non sa che la "cura" scelta e molto in voga all'epoca era l'elettroshock.

Per due settimane viene sottoposto a scariche elettriche intensive che, come lui ha più volte ricordato, gli facevano perdere completamente senso dell'orientamento e memoria. Per parecchi mesi Lewis non sarà neanche più in grado di leggere. Il trattamento dell'elettroshock cambierà profondamente Lewis che non solo non "guarirà", come speravano i genitori, ma anzi esaspererà i suoi comportamenti giocando, spesso, sulla pazzia. Ma, soprattutto, cambierà per sempre il già complicato rapporto di amore-odio verso i genitori: da questo momento in poi Lewis farà di tutto per far loro del male, vendicandosi della loro decisione, e parlerà di loro in parecchie canzoni durissime ("Kill your sons" parla proprio del trattamento di elettroshock).

In definitiva, comunque, i genitori si rivelano come una tipica famiglia ebrea della medio borghesia anni '50, con tutto il loro carico di preconcetti e di convenzioni puritane, e il giovane Lewis è, invece, già proiettato nel nuovo fermento culturale degli anni '60 e '70. Agli inizi degli anni '60 Reed si iscrive alla Syracuse University, cogliendo l'occasione per allontanarsi da casa e dalla puritana cittadina di Freeport. Il periodo alla Syracuse sarà fondamentale per la crescita personale e artistica, permettendogli di entrare in contatto con artisti e con le nuove tendenze musicali.

È al college che conosce alcune delle persone che avranno un'influenza enorme: il suo professore, nonché poeta alcolista, Delmore Schwartz, e Sterling Morrison. Conoscerà inoltre Shelley, suo primo vero amore. Lewis Reed viene visto come un essere strano e misterioso; i suoi atteggiamenti bizzarri e scostanti, la sua passione per i poeti maledetti, i suoi dialoghi cinici e corrosivi, coadiuvano a formare un'immagine forte e stimolante che parecchie persone trovano "irresistibile". Tra queste persone c'è, appunto, Shelley, una delle ragazze più belle del college. La storia con lei durerà quasi 4 anni, tra alti e bassi, fino alla divisione a causa degli esasperanti giochi psicologici ai quali Reed, già da allora, sottoponeva lei e tutte le persone che incontrava.

È a lei che dedica i primi brani che scrive, tra cui "I'll be your mirror". Il loro legame continuerà fino alla metà degli anni '70. È un periodo di vita sregolata, di musica, di droghe, di esperienze omosessuali. Dopo la laurea, Reed si sposta a New York e diventa un compositore pop professionista per la Pickwick Records: l'accordo prevedeva che scrivesse un numero di pezzi al giorno che la casa discografica poi avrebbe fatto incidere e pubblicare sotto falsi nomi. Ben presto comincia a provare una forte insoddisfazione verso questo lavoro e verso le sue limitazioni artistiche; è in questo periodo che conosce un musicista pagato dalla Pickwick per una session: John Cale.

Reed lascia il lavoro e comincia a mettere in piedi un progetto di una rock band d'avanguardia con il suo nuovo amico. Il duo recluta altri due componenti: Sterling Morrison e Maureen Tucker. Il nome della band viene preso dal titolo di un libro giallo trovato nella spazzatura: Velvet Underground. I VU diventano un gruppo cult nel panorama artistico-musicale non convenzionale del Greenwich Village tanto che verranno in seguito patrocinati dall'artista pop Andy Warhol che gli farà da manager, promotore, e finanziatore del primo album: "The Velvet Underground and Nico", il famoso album con la banana in copertina, uscito nel 1967.

L'influenza dei Velvet Underground verso gli artisti e i gruppi successivi è dovuta in parte alle pennellate liriche di Lou, vere e proprie poesie "beat" che raccontano della vita di strada, delle droghe, di sadomasochismo e altri soggetti che, all'epoca, erano ancora tabù. La partecipazione della cantante tedesca Nico all'album, che canterà in alcuni brani del primo LP, è una mossa studiata e voluta da Warhol che, alla ricercata "crudezza" della musica del gruppo voleva anteporre un'immagine limpida, bella, statuaria come punto stridente.

Nel 1968 Lou "licenzia" Warhol per sostituirlo con un manager più esperto del settore musicale e nello stesso anno esce il secondo album "White light/white heat" più "sporco", più distorto del precedente. Alla fine dell'anno Reed esclude dal gruppo anche l'altra colonna portante musicale: John Cale. La decisione è sofferta e deriva da forti tensioni interne derivanti dallo stress dei tour e dalla fortissima insoddisfazione commerciale e frustrazione di entrambi.

L'album successivo, "Velvet Underground", trova Doug Youle come sostituto di Cale. Nel frattempo i problemi manageriali, i fiaschi commerciali portano forti tensioni tra i membri del gruppo. Nel 1970 esce "Loaded", nel quale la maggior parte dei brani viene cantata da Youle (prima delle sessioni di registrazione Reed contrae l'epatite perdendo la voce). Profondamente insoddisfatto, prima ancora che l'album uscisse sul mercato, Reed abbandona definitivamente il gruppo e torna dai suoi genitori a Freeport, proprio quando stavano conquistando un minimo di notorietà grazie al singolo "Sweet Jane". A Freeport Lou, colto da una profonda depressione e dalla disintegrazione di tutti i suoi sogni, lavorerà per qualche mese come dattilografo nella società del padre, ma continuerà a comporre canzoni che vedranno la luce nei suoi album solisti successivi.

Un vecchio dirigente della casa discografica dei Velvet lo ricontatta e lo convince a tornare nella musica. Reed, poco convinto, accetta e parte per Londra, dove la sua notorietà è molto più forte che in patria e dove il clima artistico è più stimolante. È proprio a Londra che incide questo suo omonimo album di debutto solista, che include nuovi pezzi e parecchi brani che non erano stati inclusi negli album dei Velvet Underground. Il disco "Lou Reed" non avrà molto riscontro, nonostante la partecipazione di musicisti del calibro di Rick Wakeman e Steve Howe, e nonostante l'oggettiva bellezza di brani come ''Walk and talk it'', ''Berlin'' e ''I can't stand it'', ripescaggio di una canzone incisa durante le sessions di "Loaded" con i Velvet Underground (così come ''Going Down'' e ''Lisa Says'', che troveranno poi posto nel cofanetto "Peel Slowly and See"); ma questo disco gli permetterà comunque di tornare nella mischia e di conoscere altri grandi artisti.

In questo periodo conosce David Bowie, incontro fondamentale per la sua carriera. Spinti dalla RCA, etichetta discografica di entrambi, i due decidono di collaborare. Bowie, all'epoca quasi una divinità musicale che tutto poteva, e il suo chitarrista Mick Ronson prendono Lou e lo ricostruiscono; nuovo look "glam" e arrangiamenti accattivanti per il nuovo album che vedrà la luce nel 1972: "Transformer". Ma è da questo ''2° esordio'', dopo quello con i Velvet Underground, che prende il via una carriera solista come poche altre nell'intera storia della musica. E, non a caso, dopo oltre 50 anni siamo ancora qui a parlarne.