METALLICA "Ride the lightning"
(1984 )
Il secondo album dei Metallica viene pubblicato ad un solo anno di distanza dall’esordio; nonostante ciò, si distacca non poco dal predecessore. Innanzitutto, la carica hardcore che pervadeva “Kill ‘Em All” assume una nuova forma; la velocità viene subordinata alla potenza dei suoni, in modo da forgiare un codice musicale più omogeneo e voluminoso. Questa fusione di Speed e Thrash sta alla base del movimento Heavy Metal, di cui i Metallica si possono dire padri. “Ride The Lightning” è perciò meno dinamico e tagliente del primo album, a vantaggio dell’imponenza e della mole dei brani, che diventano anche più articolati, complessi ed opprimenti. È questa il principale fattore dell’evoluzione dei Metallica; nasce qui il loro caratteristico tema musicale, che avrà ulteriori sviluppi dei successivi tre dischi. La poetica del gruppo, se così si può chiamare, è quella del martellare l’ascoltatore fino a sottometterlo, in modo da creare una sorta di piacere masochistico. Di qui in poi, sarà questo il credo della band, suonare pesanti ed opprimenti; il giro di chitarra di “Enter Sandman” sarà la parola definitiva a questa rincorsa verso l’oscuro, verso suoni sempre più granitici e lugubri. In questo senso, “Fight Fire with Fire” è un caposaldo irrinunciabile; ritmica serrata e chitarre tumultuose che ergono imponenti muraglie di distorsioni, su cui si staglia il canto truculento e psicotico di Hatfield. Da evidenziare anche il cambiamento di timbro vocale del cantante, molto più metal di prima. Si nota un buon miglioramento anche sotto il profilo più intellettuale e all’avanguardia; “Ride the Lightning”, la nuova epopea di 7 minuti del gruppo, è molto più rifinita e dosata di “Four Horsemen”, soprattutto nel tratteggiare sfumature di suono sottili, ma stremante efficaci; una nota variata, un lieve cambio di tempo, un assolo messo al momento giusto. Tutto ciò contribuisce ad elevare non di poco il livello qualitativo della band che ripaga la sua tecnica non eccezionale con una fertilità di songwriting e una brillantezza di temi melodici inarrivabili per la maggior parte della metal band. Non è sempre necessario che le canzoni siano complesse per essere grandiose; “For Whom the Bell Tolls” ne è la dimostrazione. Un brano semplice, lineare, ma incisivo e coinvolgente come pochi altri. Stesso discorso si può fare per “Trapped Under Ice”, il brano che più ricorda lo Speed Metal, molto meno articolato degli altri, ma perfettamente inserito nel contesto e ricco di pathos. “Creeping Death” è il tipico brano a tutta birra, una corsa senza soste e senza rimorsi. Puro distillato dell’essenza del gruppo. I due brani manifesto del disco sono tuttavia “Fade To Black” e “The Call Of Ktulu”. La prima è la madre di tutte le ballate targate Metallica, ed anche la migliore. Un delicato intro folk, intrecciato alla sublime chitarra di Hammett, ci porta in una dimensione parallela, piena di commozione e sentimento, sentimento puro e sincero. La melodia cantilenante esplode poi in un fragoroso finale catartico, ma ciò che veramente incanta di questo brano è il continuo incrociarsi di chitarre acustica ed elettrica, a cui corrispondono moods diversi, riflessivo e pensoso l’uno, sanguigno e commosso l’altro. Il finale è lasciato allo splendido assolo di chitarra, da consegnare direttamente alla storia. Totalmente diversa è “The Call Of Ktulu”, un orrorifico strumentale che fluttua nell’aria, deflagrando nella psiche dell’ascoltatore. La perizia nel dosare le distorsioni e sfumare i suoni è qui a livelli eccelsi. Una serie di trovate geniali, come i due assoli che si susseguono, ma con un tempo diverso rispetto a quello di batteria, o la chitarra che lavora in antitesi a quest’ultima e poi si fonde, gonfiando a dismisura il volume di suono, che si fa sempre più monumentale. Ed ancora, gli stacchi ritmici che affossano questa enorme impalcatura e permettono al brano di ripartire ancora più sferragliante, per non parlare del riff di chitarra che incornicia il pezzo, assolutamente geniale. Se vogliamo tentare un confronto ardito, i Metallica sono i Pink Floyd del metal, maestri nel dipingere i suoni, sfumando i ritmi in modo subliminale ed efficace. Il gruppo di Waters sapeva sfumare le tonalità di suono in modo unico, così come i nostri sanno disegnare ritmi mutevoli e in continua evoluzione, fondamentali nelle strutture dei brani. In conclusione, questo disco è uno dei capisaldi dell’Heavy Metal, meno seminale ed istintivo di “Kill ‘Em All”, ma ricco ed innovativo come pochi altri dischi metal. Segna un grande sviluppo nel suono dei Metallica che, dopo questo lavoro, non avrà più così grandi stravolgimenti. “Ride The Lighting” è quindi uno snodo cruciale nella carriera della band e nel panorama del metal e del rock tutto. (Fabio Busi)