THE UNDERS  "The Unders' tales"
   (2006 )

C'è chi sostiene che lo ska sia una musica (un genere... pardon, una cultura) un po' in ribasso. Che la "nuova ondata ska" si stia insomma esaurendo: o che, esaurita, lo sia già. Cosa ci si poteva aspettare, hanno presto aggiunto i detrattori storici di questo filone, da un genere oltremodo ripetitivo? Chi scrive non è granchè daccordo. E gli Unders mi aiutano non poco a rafforzare le mie convinzioni. Innanzitutto: qualsiasi genere musicale è ripetitivo se lo si fa male. Non esiste branca delle 7 note (rock, dance, rap, country, addirittura classica o sinfonica) che, senza un minimo d'inventiva, possa essere varia e variegata per definizione, senza che ci sia lo sforzo di distinguersi, di aggiungere qualcosa di proprio, tangibile e divergente dalle altre proposte. Per sintetizzare: prendetevi l'album "One step beyond" dei Madness e ditemi che lo ska è tutto uguale, ripetitivo e senza troppe idee. Nessuno potrà sostenerlo per più di un paio di minuti. Ed ho scelto UN disco di ska, non IL disco di ska per eccellenza. E veniamo a noi: gli Unders vanno anche oltre questo discorso. Senza voler pretendere di stravolgere le sacre tavole del proprio genere (e perché dovrebbero farlo?), questi 7 giovanotti introducono nuovi elementi (hard rock, a tratti addirittura metal) senza che i puristi del genere corrano a stracciarsi le vesti. Anzi, fanno ancora di più. Non hanno infatti realizzato un album di ska, bensì un album rock e ska. I brani si susseguono dando come l'impressione che, ad alternarsi, siano due diversi gruppi, uno ska (in 'Don't you give up' o 'L'esaurito') e, appunto, uno rock (in 'Come in to play', 'Grow' o 'Drug'). La soluzione dell'arcano sta infine in quei brani nei quali i due elementi musicali non rimangono spaiati, miscelandosi quindi in maniera originale, riuscita e vincente, come in 'I want your sex', 'The legend of pirates' o nella cover di 'Man who sold the world' di David Bowie. Per concludere, la soluzione migliore per approcciarsi a questo bell'album è, probabilmente, quella di dimenticarsi generi ed etichette, e concentrarsi esclusivamente sulla musica. Saltando a piedi pari i fossi rappresentati dalle volute trappole (è ska? rock? crossover? cos'altro?), ed arrivando invece al sodo. Che questa è ottima musica. E che questo è un ottimo gruppo. Non è solo questa la cosa importante? (Andrea Rossi)