PLOUG, VERA PETTERSEN & BADENHORST  "Lento"
   (2024 )

Un supertrio, quello che unisce Mikkel Ploug, Sissel Vera Pettersen e Joachim Badenhorst. Ognuno dei tre musicisti esplorano da sempre i propri strumenti, sperimentando instancabilmente. Il chitarrista danese Ploug, la vocalist e sassofonista norvegese Vera Pettersen (e direttrice del Trondheim Voices), e il clarinettista belga Badenhorst uniscono le loro esperienze jazz e avant-garde, per ottenere una musica d'improvvisazione libera e imprevedibile, che spesso si traduce in un dialogo fra i tre componenti.

Uscito per Klein Records, “Lento” fa sentire molti diversi esiti delle loro sessioni. L'album si apre con “Lav Sol”, dove tutti e tre realizzano loop dei propri suoni, fondendoli in un'intricata tessitura. “Winter lullaby” invece ha una struttura più tradizionale: è un canto malinconico, accompagnato da arpeggi di chitarra e bordoni di clarinetto. “Hinterland” è per voce sola, che parte da note morbide e sospirate ma arriva poi ad acuti spigolosi e sforzati parossistici.

In “Dis” sembra ci sia uno zampino elettronico, ma solo perché i loop sono tagliati “di netto”, sembra musica incantata. “Mosaic” recupera la malinconia di “Winter lullaby” in maniera melodica, mentre “Bjerg” è una emozionante armonizzazione continua tra voce e clarinetto, come a formare insieme un coro, accarezzato dalla chitarra con delicatezza. Questa direzione è seguita anche nella titletrack, ma con più scioltezza, più ritmo, mentre in “Skyggeland” chitarra e clarinetto si ritagliano uno spazio da protagonisti, con la voce sullo sfondo, se non per una comparsa in prima linea a tre quarti del brano. Da notare che progressioni e modulazioni armoniche sono difficilmente indovinabili, nel corso dei brani, essendo improvvisazioni, eppure i tre musici sanno sempre ricongiungersi, a ogni deviazione di uno di loro.

Il minuto di “Rift” è un ritmato balletto delle corde di Ploug e dei sospiri a tempo di Vera Pettersen, con Badenhorst che si sottrae al ritmo serrato, commentando con note melodiche prolungate. Con “Peace chant” la melodicità torna a guidare la musica, e qua si sente che c'è scrittura, magari frutto di una sessione improvvisata precedente, ma la struttura si ripete più volte nel brano. Ed è un altro episodio molto suggestivo.

Chiude l'album “Movement in B”, aperto da venti e suoni cristallini in reverse, ed è l'ultimo episodio carico di continui cambi modali, senza giungere mai a un centro tonale ben preciso. Si fluttua, così, in questo flusso di idee continue che il trio norvegese-danese-belga lancia senza sosta, tra gradevoli armonizzazioni e direzioni inaspettate e apparentemente senza meta. Un buon esempio di fantasia e di sensibilità. (Gilberto Ongaro)