GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR "No title as of 13 february 2024 28,340 dead"
(2024 )
Un percorso decisamente evocativo, quello fornito dalla storica e gloriosa band canadese dei Godspeed You! Black Emperor, ed espresso, pertinentemente, nell’ottavo album in studio dal lungo ed emblematico titolo “No title as of 13 february 2024 28,340 dead”, che vuole mettere in evidenza il numero dei deceduti palestinesi causati dagli attacchi israeliani sortiti nel trimestre ottobre 2023-febbraio 2024.
Il “No title” si riferisce al fatto che, di fronte a queste tragedie, ci si chiede che senso possa avere un titolo, un gesto, un’iniziativa, un trattato di musica. Però, è giusto che la denuncia si concretizzi nei 6 brani dell’album per circa un’ora di ascolto. Il sound traccia un contesto di post-rock e drone-music, capace di farti respirare quell’aere belligerante, angosciosa, a tratti ferale ma eloquentemente centrata.
Con linee orientaleggianti e malinconiche si snoda l’iniziale “Sun is a hole sun is vapors”, mentre in “Baby is a thundercloud” vige, al contempo, un mood rarefatto e dolente, con brillanti svisate di guitars. La fervente maestosità di “Raindrops cast in lead” ci accompagna in un dondolante proclama urgente per riaffermare il processo di pace quanto prima, ma il culmine della triste spettralità si tocca con la commovente “Broken spires at dead Kapital”.
Ora che “Pale spectator takes photographs” emerge in tutta la sua drammaticità mantrica, si realizza quanto le stesure dei Goodspeed siano cosi aderenti alla realtà e riprodotte con talento cristallino. Si congedano con l’intensa “Grey rubble – Green shots”, che ci tocca nel profondo, come se i nostri occhi assistessero, sul posto, all’assurdità di un “day after”: testimonianza di decisioni smisuratamente folli e sciagurate, semplicemente per la conquista di un pezzo di terra.
“No title as of 13 february 2024 28,340 dead” va ascoltato e onorato per il coraggio espressivo, per la denuncia che ci rappresenta pienamente contro ogni conflitto in essere e, soprattutto, per unire il grido di protesta, affinché il sangue smetta di scorrere per assurde mire espansionistiche. No more war! (Max Casali)