INADREAM  "Strange words"
   (2024 )

A otto anni dalla loro formazione, il collettivo tedesco degli Inadream tocca quota due album col nuovo “Strange words” (successore di “No songs for lovers del 2019), continuando ad impastare ingredienti di post-punk, alt-rock e pizzicate di wave e ska che si incastrano con pertinenza, nonostante la varietà dei generi espressi nei 9 inediti (più una cover, “Dead souls” dei Joy Division attualizzata a puntino).

Nessun timore per la seconda prova, quella che deve confermare, per ogni artista, le buone idee dell’esordio che (generalmente) risultano fresche: gli Inadream proseguono a testa alta un percorso convinto, onesto, che non si lascia tentare nell'ammorbidire il sound per il solo compromesso di allargare il proprio pubblico, in quanto chi gli è fedele continuerà ad esserlo ancora oggi, ed a loro va bene cosi.

Tessuti di bel rock si delineano subito nel prospetto sonoro della titletrack: altro che “Strange words”, non sono “strane parole” ma ben definite e gridate al cielo con un perché. E se in “The prayer” calano il tris stilistico di rock, reggae e ska, in “Unleash the beast” ri-echeggiano antiche invettive Oi!, udite a cavallo degli anni ‘70-80.

Inoltre, è puro piacere udire la chitarra in “Two of a kind”, che sembra prestata da Mick Jones (Clash) in epoca Big Audio Dynamite: ma una delle portate più gustose del desco (e del disco) è il punk’n’roll di “Horns and halos”, il tutto sfoderato con efficace maestria. E se “Die away” viaggia in assoluta normalità, ecco che “White lies” torna a far ruggire prontamente il motore del combo teutonico con graffio sanguinario.

Ascoltate! No, non è mica l’imperativo di chi scrive ma l’invito a non perdersi la scossa benefica di “Listen!”, che garantisce un piglio decisamente energico. Al traguardo, la formula degli Inadream è il giusto amalgama tra grinta e racconto nostalgico che, di certo, non depaupera la lodevole ruvidezza di questo quartetto in continua evoluzione, ed entro il prossimo lustro ne avremo sicuramente conferma. Ancor meglio se ci impiegheranno di meno: l’attesa sarà più gradita e sostenibile. (Max Casali)