MONOFONIC ORCHESTRA  "Starless variations"
   (2024 )

La scena del rock progressivo degli anni '70 aveva l'ambizione di elevare il rock al livello della musica classica, e da essa mutuava stili compositivi. Per questo, se si effettua l'operazione opposta, cioè si prende un brano di quel periodo e gli si toglie la corrente elettrica, si svela se l'ossatura è davvero più complessa di un semplice brano rock and roll.

Uscito per l'etichetta norvegese TIBProd., “Starless Variations” della Monofonic Orchestra (creatura dell'illuminata mente di Maurizio Marsico) parte come una variazione sul brano “Starless” dei King Crimson, ma poi si slega diventando altro. È una performance live dello stesso Marsico al pianoforte, e Massimo Mascheroni agli interventi elettronici. La durata di 12 minuti dell'originale, si triplica in 36: il brano è dilatato e trasformato.

Marsico inizia riprendendo le drammatiche armonie iniziali originarie degli archi di tastiera, che suonate al pianoforte rivelano la loro caratteristica “mozartiana”. Ma poi inizia a improvvisare in direzioni totalmente diverse, più precipuamente pianistiche. Quando Mascheroni decide di raggiungerlo, introduce una voce sussurrata, distorta e inquietante, mentre Marsico si abbandona a dei cluster (sberle sui tasti), per poi accompagnare il pianoforte sulle onde del mare. Tornerà più tardi con un rumore che imita le onde, ma stavolta la forma d'onda è deformata, risultando trapanante, e questo mentre invece Marsico improvvisa con gusto romantico.

Poi torna più convinto a schiaffeggiare il pianoforte, e Mascheroni ci dà dentro con trapani, distorsioni ed allarmi antifurto. Questa parte rumorosa corrisponde alla fase centrale di “Starless”, quella dove i King Crimson si lasciano andare alle loro note digressioni libere. Infine, sempre come loro, il pianista si calma e torna sui binari, mentre l'elettrauto torna a concederci suoni più liquidi, stavolta di pioggia intensa.

Questa è la reinterpretazione di “Starless”. Ma il disco non finisce qui. Il compositore norvegese Jan-M. Iversen realizza la seconda traccia, che è una... reinterpretazione della reinterpretazione appena ascoltata! La durata da 36 è ridotta a 20 minuti, e possiamo sentire il pianoforte rimbalzare da sinistra a destra, mentre quel lugubre suono di Mascheroni, come il corno di un piroscafo, che nella versione dei Monofonic era solo un'introduzione iniziale, qui invece diventa centrale e messo in loop. Iversen ha la bella idea di inserire proprio sopra questo suono gravissimo e inquietante, le parti improvvisate di pianoforte più atonali e dissonanti. Siamo al collage di briciole!

In pratica, Iversen recupera quegli impulsi che nella performance live gli erano sembrati interessanti, ma comparsi una sola volta, nel gioco dell'improvvisazione continua, e li mette in griglia, dandogli un significato diverso. Alcuni suoni li rende irriconoscibili mettendoli in reverse. È il gioco del chi disintegra chi: la Monofonic Orchestra ha deformato e dilatato un brano dei King Crimson, e Iversen ha frammentato la versione dei Monofonic Orchestra. Per chiudere il cerchio, potremmo chiedere a Robert Fripp di mettere le mani sul rework di Iversen e vedere cosa succede! Ed è interessante come la percezione di un ricordo individuale, come quello di una canzone del 1974, possa essere del tutto diversa nel ricordo di un'altra persona! (Gilberto Ongaro)