MARK ROTHKO ENSEMBLE  "Four string quartets"
   (2024 )

4 x 4 = 16. I numeri, le misure, la contraddizione dell'acuto Piergiorgio Odifreddi che, da ateo convinto, considera la matematica “la creazione più originale dello spirito umano”. Questo umano spirito in più occasioni si esprime in cifre e proporzioni, come la sezione aurea, che con sorpresa troviamo in natura, tra i fiori e i fiocchi di neve. A volte mi chiedo se non siamo noi europei a ostinarci a vedere queste coincidenze, per giustificare la supremazia della cultura greco – romana. Lasciatemi il beneficio del dubbio, essendo un dadaista e progressista sfegatato e magari sì, ammetto, ogni tanto ho la mente così aperta che mi cade il cervello a terra. In ogni caso, ci troviamo di fronte a una celebrazione di questa nostra cultura musicale occidentale.

David Fontanesi è un compositore italiano classe '69, in aperta opposizione alle avanguardie novecentesche, seppur con rispetto verso di esse. Comprende le ragioni di questa rottura con la tradizione, questa polemica contro una società che ha portato alle Grandi Guerre e alla distruzione. Ma lui è di un'altra visione. Pensa che proprio il recupero della bellezza classica sia una possibile resistenza, contro le brutture della modernità. È un conservatore, ma non un reazionario. Quindi, tornano le forme che la musica della seconda metà del '700 era riuscita a cristallizzare: sonata, fuga, tema con variazioni. Ora arriva la forza esoterica del numero 4, perché quel che ascoltiamo qui sono quattro quartetti, suddivisi in quattro movimenti (tranne il terzo, che è un flusso unico).

Uscito per Da Vinci Classics, “Four String Quartets” è stato registrato dal Mark Rothko Ensemble, che con violino, viola e violoncello danno vita alle ispirazioni di Fontanesi. I movimenti del primo quartetto prendono il nome di “Allegro”, “Scherzo – vivace”, “Adagio” e “Rondò”. Si alternano quindi momenti legati a fasi più staccate, come il secondo movimento, tutto in pizzicato. Ci sono melodie da seguire, ma l'attenzione principale compositiva è sull'andamento armonico, le progressioni.

Il secondo quartetto inizia con un “Tema con variazioni” e finisce con una “Fuga”, mentre il terzo è un'unica traccia di 14 minuti, suonata in maniera continuativa, che si basa su un tetracordo discendente, il classico Do – Sib – Lab – Sol, che durante il brano diventa Do – Sib – La – Sol, Do – Si – La – Sol# e infine, gioiosamente con Do – Si – La – Sol. Sopra a queste quattro note che fanno da fondamenta, Fontanesi si diverte a costruire rapporti che cambiano: ad esempio, non sempre il Do suona come la “prima”, ad un certo punto diventa la seconda del Sib, e così via. Questo ricorda che in effetti si può ancora giocare in maniera creativa anche con gli strumenti teorici della musica classica, senza andare in cerca di macchine del vento e dodecafonie. Tra l'altro, verso la fine dell'undicesimo minuto gli archi creano effetti di suono più secco, non solo pizzicato, ma sembra proprio che le corde vengano “grattate”. Un pizzico di post-modernità ci è concessa.

L'ultimo quartetto presenta un coro di rutti... scherzo, ci avevate creduto? Eh no, il primo movimento, “Poco adagio”, ospita una melodia tenerissima, armonizzata con buon gusto. Nel secondo movimento “Allegro” possiamo apprezzare il contrappunto tra gli strumenti. Nel terzo movimento “Andante”, echi mozartiani lacrimosi rivestono alcune scelte di orchestrazione. Nel finale “Vivace” resto incantato dai movimenti bassi del violoncello, una sorta di walking (counter)bass, anche se non è un contrabbasso e non siamo nel jazz.

Per chi ricerca la nuova musica classica, senza dover incorrere in scariche elettriche e altre burle d'avanguardia, il Mark Rothko Ensemble porta un po' di respiro. In effetti, in quest'epoca assurda in cui tanti vogliono fare la guerra a tutti i costi, mi immagino che di fronte a uno scenario post bombardamento, un avanguardista sia proprio fuori luogo. Le sue provocazioni stanno bene in una piazza di benestanti da scandalizzare. Tra le macerie, una musica classica, armonica ed armoniosa, comunica la volontà di ricostruzione, e forse abbiamo bisogno di questo ritorno all'ordine. (Gilberto Ongaro)