GORDAN  "Gordan"
   (2024 )

Al crocevia tra avanguardia e world music, tradizione ed espressionismo off, il progetto Gordan – trio formato dalla cantante serba Svetlana Spajic, dal batterista austriaco Andi Stecher e dal bassista tedesco Guido Möbius - inscena una pičce di teatro decadente mitteleuropeo, qualcosa di oscuro e misterioso al confine tra OvO, CCCP e Einsturzende Neubauten; sul sottile crinale che separa folk e dark, prende vita un lavoro sě aspro ed impervio, eppure curiosamente ammaliante, opera tesa e sfaccettata che respinge ed attrae con misterioso magnetismo.

Risultato dell’esperimento č uno straniante balkan folk sfigurato – non snaturato – che procede inquieto sulle ali di un approccio fortemente emozionale, su un’intelaiatura impro-noise riveduta e corretta; a reggere il gioco č una sezione ritmica incalzante e buia, che pianta ben saldi i paletti entro i quali Svetlana dŕ libero sfogo, in lingua serba, al suo disallineato crooning in rima. L’elemento ritmico č preponderante e dominante, le parti melodiche essendo affidate a contrappunti bruschi e dissonanti di strumenti martoriati. Un sinistro sferragliare, strati di elettricitŕ disturbata e rumorismo sparso ad arte costituiscono il sostrato di una narrazione incombente, scossa da un che di strisciante, ancestrale, sottilmente malevolo.

Bandita la tradizionale forma-canzone, Svetlana ricama i suoi personali arabeschi con afflitto piglio attoriale, intonando antichi versi popolari in rima, narrando di donne perdute, guardie & ladri, piccoli inferni quotidiani, amore & morte in otto tracce in bilico sull’abisso, scosse ed agitate da demoni assortiti, in agguato sullo sfondo.

Aperto dai sette minuti virati noir, opprimenti ed ossessivi, di “Barabinska”, e chiusi dagli screzi avant di “O Nikola”, incentrata sulla figura di inventore di Nikola Tesla, l’album (uscito per Glitterbeat Records) naviga tormentato in acque mai placide, conservando intatta una cupa tensione, sempre trattenuta ad un passo dalla deflagrazione. Sulla ribalta, sfilano in ordine sparso le figure prossime al free jazz di “Selo Moje” e le scariche acide di “Sara”, antico e drammatico standard slavo; la breve “Ne spominji oči plave”, delicato tributo a Sinan Sakić, cantante serbo compaesano di Svetlana e scomparso nel 2018, divenuto celeberrimo in patria come leader della band Južni Vetar; la trama relativamente accessibile di “The Bell Is Buzzing”; la fosca murder ballad di “How a Mountain Fairy Divided the Two Jaksic Brothers”; l’incedere sostenuto, battente, insistito di “Krajiška Kontra”.

Album ricco e denso, pregno di soffocante intensitŕ, fonde elementi storici e vocazione teatrale in una preziosa sintesi di cultura e avanguardia, sfaccettato compendio di arte variegata, contorta, frenetica. (Manuel Maverna)