IFASTI  "Oltre"
   (2024 )

Ne ho visti di tentativi, da parte delle bands, di ritagliarsi un’identità iconica, e pensavo che, ormai, i margini di sperimentazione fossero vicini alla saturazione.

E invece chi mi fa cambiare idea? Il collettivo piemontese de IFasti che, col quarto album “Oltre”, si caratterizza per una ricetta che impasta post-rock, elettronica e spoken-word, srotolata nel percorso di otto brani che riluttano l’omologazione a oltranza, e non mi sembra una cosa di poco conto.

D’accordo, in qualche tratta (inevitabilmente) possono ricordare qualcuno, tipo Massimo Volume o Offlaga Disco Pax ma, alla fine, se ne infischiano i palati fini che non vanno alla ricerca dell’orecchiabile, del catchy spudorato ma tendono ad ascolti ricercati.

Quindi, se siete cosi, allora andate a colpo sicuro su “Oltre”, poiché di carne al fuoco ce n’è tanta e gustosa. Il primo proclama “Rmc” è appannaggio delle emozioni agonizzanti di quest’epoca che si crogiola nella linearità umana più avvilente, mentre “Josè” vibra di acustica morbida e mood asettico che rimanda all’attuale condizione sociale.

Ma, tra le invettive più urticanti, spicca “Felici e Salvi”, che abbraccia l’allarmante realtà lavorativa sempre più rischiosa e dannosa, e che non tende minimamente ad un’inversione di marcia verso la sicurezza operativa. La comiziante “100 fiori” appare un po' troppo spinta a primo impatto, ma poi la voce di Rocco Brancucci sa reclamar bene il diritto a tornare a star bene nel labirinto di una crisi umanitaria.

Invece, il maschilismo vien combattuto a mani basse nell’emozionante “Claudia”, corredata di arpeggi ipnotici e suoni drammatici. Nauseati da tanti stereotipi ed indottrinamenti sociali imposti, IFasti ti spiattellano “Giada” a brutto grugno: come non dargli ragione? Aria fresca di dark-wave, incrociata in eclettico spoken-word, entra poi dalla finestra di “M24”, spalancata sui flussi migratori.

La stragrande voglia di “Stare bene” (e, purtroppo, di stare male) è il mantrico dilemma che assilla l’uomo in coda ad un disco urgente, allarmante ma che fa squillare accomunanti sirene per non piegare il collo all’ingiù, complice un’ipnosi sociale deleteria e disumanizzante per cuori e cervelli.

Questi son racconti prosaici che rimangono impressi come shock consapevoli ed immobilizzanti, ma utilissimi per destarsi da un torpore che si è protratto “Oltre” la volontà personale. Cosa aspettiamo a svegliarci? (Max Casali)