GIUSEPPINA TORRE  "The choice"
   (2024 )

“Quando abbiamo una alternativa siamo liberi, senza siamo ingabbiati”, afferma la pianista e compositrice Giuseppina Torre in un’intervista rilasciata per SkyTg24: emblematica frase che fa riflettere sulla vita individuale e sociale, in un certo senso ricordando il motto thatcheriano “There is no alternative” che ha segnato la nostra difficile epoca.

Nella stessa intervista, l’artista continua dicendo che “ribellarci a quello che non ci piace e la vita ci impone è una ribellione sana” e che “noi dobbiamo avere la volontà di cambiare, di mettere in discussione la nostra vita”. Le sue non sono delle semplici parole udite o lette e poi riprodotte, ma scaturiscono da una concreta saggezza maturata negli eventi della propria vita e diventata emozione musicale sui tasti del pianoforte.

I suoi dieci brani inediti che formano il disco “The Choice” – presentati con grande successo al pubblico degli Stati Uniti e della Corea del Sud e che fanno l’oggetto del tour italiano appena iniziato quest’estate – si riferiscono alla facoltà di scelta e al libero arbitrio, incoraggiando la convinzione che l’alternativa esista sempre, se manteniamo la determinazione nel cercarla e nel seguirla, senza mai farci abbattere.

La caratteristica dominante dello stile compositivo e interpretativo di Giuseppina Torre è la fluidità, connessa probabilmente a una personalità molto sensibile e ricettiva ai cambiamenti. In termini di tecnica musicale, questa fluidità si esprime soprattutto attraverso l’uso degli arpeggi, che l’artista sembra preferire agli accordi: praticamente “spacca” gli accordi nelle note componenti, suonandole in successione anziché tutte insieme… proprio come il pensiero omologato e i pregiudizi vengono sciolti grazie all’esercizio del pensiero flessibile. Tutta la sua musica ricorda le onde del mare, il mare della sua Sicilia.

Prima di ascoltare il presente album è utile sapere che, secondo quanto riferito dall’autrice, esso s’ispira ai momenti e agli stati d’animo che lei stessa ha attraversato quando, durante il periodo della pandemia, ha dovuto decidere di lasciare la Sicilia per trasferirsi a Milano, città accogliente nei confronti degli artisti, ma molto diversa dal suo luogo natale. Nei vari brani si rispecchiano dunque le diverse disposizioni emotive che accompagnano le fasi di un percorso decisionale importante.

C’è una lunga fase di sognante riflessione, che possiamo vivere in almeno quattro dei brani: “Another life” (il brano di apertura, che espone un desiderio ancora lontano dal realizzarsi, ma comunque molto forte), “Fragile but free” (che parte con la titubanza della persona fragile, poi diventa sempre più passionale nella sua libertà), “Rediscover” (un momento musicale meditativo e introspettivo in cui si comincia a riscoprire il vero sé) e “Serendipity” (brano nel quale si sente la calma e la serenità di una nuova consapevolezza acquisita). In tutti e quattro è presente una base di vari arpeggi ascendenti e discendenti eseguiti con la mano sinistra, sulla quale si articolano alla mano destra diverse melodie delicate, calme e danzanti.

Producono un particolare effetto rilassante gli arpeggi del brano “Serendipity”, poiché si sente con chiarezza come le cinque dita della mano sinistra premano in successione cinque tasti, sempre gli stessi ma alternando il senso (ascendente e discendente): un po’ come quando eravamo bambini e andavamo “su e giù” in altalena.

La fase di ritrovamento del vero sé è fortemente presente in “Live what you are”, il secondo brano dell’album, nel quale la partenza è tranquilla e riflessiva ma in cui il ritmo ternario s’intensifica progressivamente, diventando sempre più chiaro e preciso (come il vero sé ritrovato, appunto), fino a sfociare – negli ultimi minuti – in un vero e proprio valzer con l’accompagnamento caratteristico alla mano sinistra.

La ribellione contro le abitudini e gli automatismi che impediscono di essere felici e la decisione di cambiamento vera e propria si sentono negli altri cinque brani, tutti quanti movimentati, brillanti e ricchi di sorprese: “Moving skies” (che sembra continuare il valzer iniziato in “Live what you are” e in cui una parte abbastanza serena si alterna a un’altra, più tempestosa), “Rebel soul” (che in qualche modo segue la stessa linea di “Live what you are”, dalla riflessione alla decisione), “Time to change” (brano nel quale prende corpo un ritmo “gipsy”, quasi da flamenco, e che – con un piccolo sforzo dell’immaginazione – potrebbe essere riarrangiato per chitarre e percussioni) e i due brani finali, “The bravery” e “Breathless” (che in parte riprendono il ritmo presente in “Time to change”, ma nei quali c’è tanto altro…)

“The bravery” si apre e si chiude con il ritmo “gipsy” introdotto in “Time to change”, mentre nel mezzo c’è una parte calma e riflessiva. In questo brano, nella sua parte lenta, si nota l’interessante alternanza ripetuta di due suoni situati all’intervallo di un’ottava uno rispetto all’altro, seguita da una “trasformazione” dell’ottava in arpeggio.

“Breathless”, invece, comincia con una parte lenta che segue più o meno il solito schema (arpeggi alla mano sinistra + melodia delicata alla mano destra), dopodiché rimaniamo veramente senza fiato quando all’improvviso si scatena un tumultuoso gioco di terzine eseguite con la mano destra su una base di arpeggi alla mano sinistra, richiamando alla memoria il ritmo di una passionale e appassionante tarantella. Alla fine si riprende il ritmo sincopato presente in “Time to change” e in “The bravery”. Un brano, questo, con il quale annoiarsi è impossibile.

L’artista ha ricevuto degli importanti riconoscimenti da parte di Papa Francesco e del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, riconoscimenti che costituiscono una garanzia in più del suo talento. E probabilmente il grande valore educativo del lavoro intrapreso da Giuseppina Torre deriva dal fatto che la sua musica rappresenti un ponte tra il moderno e il classico, aprendo al pubblico di tutte le età, ma in particolare ai giovani, la strada dell’interesse per questo strumento e per i grandi compositori che hanno scritto opere per pianoforte dal Settecento fino ai giorni di oggi… facendo, dunque, avvicinare i suoi ascoltatori italiani e stranieri alla vera cultura. (Magda Vasilescu)