EDOARDO CHIESA  "A quello che vedo non credo per niente"
   (2024 )

Uno degli errori grossolani che si commette nel nostro vivere è quello di giudicare (e liquidare) persone, cose e fatti in maniera frettolosa, mentre occorrerebbe pensare che, quando si emettono giudizi di primo acchitto, la comprensione si è già fermata.

Concetto generale da non trascurare, poiché si rischia di perdere, sovente, qualcosa di valido: e, su questo principio, il cantautore genovese Edoardo Chiesa ha voluto incentrare la principale ideologia del suo terzo album “A quello che vedo non credo per niente”, contenente otto brani partoriti dopo una sofferta scrematura di circa venti pezzi e col preciso intento di soffermarsi e curare al meglio il panorama degli arrangiamenti, per conferire, ad ognuno, un’identità distinguibile.

D’altra parte, sappiamo dai due precedenti dischi (“Canzoni sull’alternativa” e “Le nuvole si spostano comunque”, usciti nel triennio 2015-2018) che l’artista ligure tende a non trascurare alcun dettaglio ideativo, con netta inclinazione da pregiato storyteller nostrano, cosa che gli ha permesso di incamerare un palmares di ottimi riconoscimenti (targa Giorgio Calabrese al “Premio Bindi”, finalista di “L’artista che non c’era” e “Botteghe d’autore”, tra l’altro…).

Ebbene, dal nuovo lavoro già tre sono gli estratti come singoli: l’indie-ggiante fremito riflessivo di “Due come noi”, la placida oscurità di “Come si fa”, con vista su due stelle dialoganti tra loro, e la funkeggiante filo-r&b “Se tutto quello che è considerato inutile sparisse all’improvviso”, che t’appiccica l’interessante domanda di come andrebbero le cose se, come d’incanto, le futilità del quotidiano fossero esiliate nel nulla.

Suvvia, Edo non sempre si prende sul serio: per esempio, irrora leggerezza estiva nella dilettevole “Una tana”, ma non per questo fa arricciare nasi dubbiosi, e dai! Poi, nel cullare di un bell’arpeggio, snocciola l’importanza di mettersi in gioco con l’illuminante “Qualcosa cambiare te” e tutto… t’orna (sì, con l’apostrofo!) l’orecchio con spunti eleganti.

Avanti, ognuno accenda “Il sogno” brioso o impegnato di perseguire un obiettivo comune, tralasciando diversità caratteriali, di vedute, e l’armonia stazionerà sottobraccio. Insomma, delle storie narrate dal Nostro, prendete (oltremodo) “Il necessario”, che vi farà riflettere sullo stritolamento individualistico che la società d’oggi c’impone capziosamente, senza scrupoli. Infine, si riserva un’escursus genitoriale per dedicare a sua figlia la tenera “19919” con pregiata delicatezza scritturale.

Domande, riflessioni, considerazioni: tutte formulate da Edoardo Chiesa senza essere il Prof. di turno, ma dettate da una semplice e quanto mai formidabile cattedra cantautorale. (Max Casali)