ENZO FAVATA  "Os caminhos de Garibaldi"
   (2024 )

La figura di Giuseppe Garibaldi ha ispirato molte canzoni, in quest'Italia unita. Nel 2011, tanti artisti si accingevano a celebrare il compleanno della Donna di un Secolo e Mezzo (autocit.), e così faceva anche Enzo Favata, sassofonista che in quell'anno concepì questo lavoro, mixato però solo 8 anni dopo, e la cui distribuzione è stata bloccata dalla pandemia. Ora finalmente, può venire alla luce “Os Caminhos de Garibaldi”, uscito per Caligola Records.

Si tratta di jazz, spesso free, con picchi di follia dissonante ma sempre espressiva. “Lo stratega” è un esempio di melodia e inserti idiosincratici di una nota di marcia suonata dai fiati, che sembra quella che inizia la corsa sfrenata nel “Guglielmo Tell” di Rossini, ma poi si ferma alle prime tre note. L'altro elemento che in diversi brani compare, sono i ritmi e le armonie latine. Uno dice, e perché?

Poi mi viene in mente: Garibaldi è detto l'eroe dei due mondi, di cui il secondo è il Sud America, dove il patriota partecipò a missioni in Brasile e Uruguay. E allora, la musica di Favata si tinge di melodie malinconiche come la “Habanera de Rio Grande”, seguita da una progressione di accordi simile a quella dello standard “How insensitive”, però concludendosi più serenamente. “Ballao” è entusiasmante, un pezzo energico dove tutti gli assoli sono parecchio ispirati, specie quello di pianoforte.

Le canzoni dell'album sono intervallate da diverse versioni di “Addio mia bella addio”, storico canto patriottico italiano. Ma nessuno canta, anche questo è interpretato dallo strumento in maniera sempre diversa. “Montevideo” è un breve e interessante dialogo a due, tra sax soprano e trombone, che assolve alla funzione ritmica.

“Anita” è una melodia solenne di trombone e pianoforte, sorretta da arpeggi in 6/8. Il titolo “Inno di Garibaldi” fa presagire un momento davvero marziale, e invece dopo l'intro, ecco tromba e trombone farsi dispettosi, assieme alla batteria che rulla anche sulle percussioni, mentre il pianista dondola forte sui tasti. Un momento caotico, che solo dopo la metà rivela il tema dell'originale inno risorgimentale. Ovviamente ne esce disinnescato, divertente e sbeffeggiante.

Favata imbraccia il clarinetto basso per suonare “Pensando que va”, ed abbiamo uno strano jazz dal tempo lento, ma dai musicisti ugualmente vivaci. A sorpresa poi, ci troviamo in coordinate sarde, nonostante il brano si chiami “Milazzo”, come la città siciliana, teatro dell'omonima battaglia. Con il sassofono, Favata riesce a imitare le launeddas! Nello stile melodico, e quasi anche nel timbro!

Dopo tante imprese, Garibaldi muore a Caprera, nel 1882. Ecco che Enzo Favata gli dedica un brano mesto, “Caprera aprile 1882”, che comunque “elabora” il lutto in maniera free jazz. Chiude l'album “La corsicana garibaldina”, che prosegue dal precedente brano, finendo con note cupe. La sorpresa maggiore è stata l'imitazione delle launeddas, da parte del sassofonista di Alghero. Con questa dedica a Garibaldi, Enzo Favata dà una prova di grande creatività! (Gilberto Ongaro)