STUMBLEINE  "Deleted scenes"
   (2024 )

“Abbiamo planetari tra le ossa parietali”, cantava dieci anni fa un ispiratissimo Caparezza. Ed è vero. Il nostro cervello ha immagazzinato tonnellate di terabyte di materiale, tra immagini, suoni, odori, sapori e sensazioni tattili, parole, emozioni, esperienze reali, sogni, racconti, pubblicità, programmi TV, e negli ultimi 10 anni, gli stimoli dei social network, che non a caso su Instagram scorrono in un “Feed”... di cosa ci nutriamo?

Al momento non ricordiamo consciamente ogni cosa, eppure da qualche parte una traccia si salva. Restano delle memorie latenti, che si possono evocare tramite un odore, un sapore, o nel nostro caso forse, un suono. Uscito per Monotreme Records, “Deleted scenes” si prefigge quest'obiettivo.

L'ottavo album del producer inglese Stumbleine è fatto di elettronica, chitarra e campionamenti che non si sa da dove saltino fuori. Sopra accordi da dream pop, “I can stop anytime I like” accoglie frammenti di un canto di bambina. Non tutto il testo è intelligibile, ma il brano si conclude con: “Is hard to tell you, this is killing me”. Cosa sta uccidendo questa bimba interiore?

La musica cammina nella foschia, crea panorami sintetici che a qualcuno potrebbero non dire nulla, a qualcun altro tantissimo, a qualcuno qualcosina. Dipende forse dall'età, dai gusti, da cosa si è vissuto. Ad esempio, io in “By the world forgot” riconosco il suono di basso synth, quello lì gommoso che tanto era usato nella dance degli anni 1988-1993. “Hundreds and thousands” e “Smoke Yourself Thin” attingono chiaramente dalle tendenze lo-fi degli ultimi anni, con quella chitarrina sghemba dal suono perennemente oscillante, che spesso si ritrova nella vaporwave.

E allora, quali scene cancellate possono farvi riaffiorare, questi suoni? La colazione con latte e Pan Di Stelle alle 7.30, mentre la televisione trasmette il TG5 Prima Pagina, col suo mitico segnale orario, oppure la gita dai nonni in campagna, con il gallo che ti guarda male, pronto a speronarti la guancia ancora, se gli riapri di nuovo il pollaio. O la visita dagli altri nonni, quelli in montagna, mentre con le calosce segni le prime orme, sul manto bianco di neve. I suoni di glockenspiel di “Ursa Minor sleeps forever” accompagnano chiunque nei propri personali ricordi.

“Somnia”, tra le note di voci infantili e una che sembra parlare da un telefono, arriva alla fine a fermare i battiti elettronici, e ospita un suono simil-violino emozionante. E la bambina torna in un loop nel brano finale, “Catastrophette”, a cantare: “That's true”. Questo, mentre gli altri sample dicono: “Your trouble”, “You're in my heart”.

“Deleted scenes” è una tenera fuga dalla realtà, terapeutica se ascoltata prima di dormire, magari se la giornata non è andata tanto bene. Adesso mi son ricordato che, per giocare a calcio nel parco del quartiere, noi usavamo un solo palo di legno per fare la porta; l'altro palo era il lampione... Dicevo, è una fuga dalla realtà, magari regressiva, ma potenzialmente benefica. (Gilberto Ongaro)