EDOARDO LIBERATI SYNTHETICS TRIO  "Turning point"
   (2024 )

E’ uscito “Turning point”, secondo album del chitarrista e compositore Edoardo Liberati (edito per la Wow records). Un disco registrato con i suoi musicisti di fiducia, il Synthetics Trio, con Dario Piccioni al contrabbasso e Riccardo Marchese alla batteria.

Tagliamo la testa al toro, non creiamo suspense e diciamo subito che, già dal primo ascolto, si capisce subito che Liberati offre un’abilità eclettica nel proporre i suoi contenuti. Non a caso l’artista ha alle sue spalle importanti studi musicali all’estero e ha già raccolto numerosi premi internazionali per la sua musica.

Il suo campo ovviamente ricalca il mondo del jazz, ed infatti il nuovo disco, oltre ad inglobare buona parte di queste influenze, è anche concepito come una raccolta di omaggi ai più autorevoli colleghi chitarristi che hanno contribuito a definire il suo stile: John Scofield, Julian Lage, Tim Miller fino a George Benson. Insomma, roba di poco calibro, vero?

Un invito che mi sento di fornire all’ascoltatore medio o distratto è quello di non pensare che le canzoni strumentali che propone Liberati siano catalogate dall’orecchio come “imitazioni”. Niente di più errato. Le sue sono splendide ispirazioni di natura personale messe in musica in maniera perfettamente equilibrata. Per non parlare delle capacità esecutive dei suoi musicisti, originali, semplici, morbidi, cangianti.

''Turning point'' è un disco dalle melodie morbide, dove chitarra acustica, contrabbasso e batteria (rullante e ticchettio sul piatto) disegnano un bellissimo quadro grazie ad una tavolozza timbrica che ne colora tutta l’opera. In totale si ascoltano nove brani scritti e pensati appositamente per questo Synthetics Trio.

Di questi sette li ha scritti lo stesso Liberati, solamente due sono nuovi arrangiamenti in chiave jazz di brani già editi: “Porcelain”, successo dei Red Hot Chili Peppers, rivisitato tramite l’innesto di modifiche ritmiche mantenendosi vicina all’originale per la parte melodica, e trasformandola in una jazz ballad asimmetrica. L’altro brano è “Stardust”, ispirato alla versione di George Benson con una versione per sola chitarra.

Tutte le tracce del disco disegnano un percorso man mano sempre ricco di sorprese. Particolarmente intrigante il brano “Small house”, dove trova voce il potente contrabbasso di Piccioni in un suo spazio solista che ne fa emergere qualità e tecnica di esecuzione.

''Turning point'' va inserito nel contesto di jazz contemporaneo, dove le componenti musicali rispecchiano la tradizione e si sposano perfettamente alle correnti di matrice contemporanea, creando momenti di improvvisazione e dialogo tra il trio. Un disco che non può mancare tra gli amanti del genere, con la certezza che il panorama italiano del jazz abbia trovato un altro grande rappresentante del quale si sentirà ancora parlare per molto tempo. (Pierantonio Ghiglione)