HELEVEN  "New horizons pt.2"
   (2024 )

Gli Heleven si sono formati nel settembre del 2016 con l'obiettivo di creare una musica senza limiti, quasi un ecumenismo metal, componendo con l’intenzione di creare le condizioni per portarti direttamente al tuo io interiore, cercando di evocare tutti i tipi di sentimenti all'ascoltatore.

Questa band spagnola, con l’album “Into The Oceans” uscito nel lontano 2021, dimostravano già di avere carattere. Col successivo sono diventati più teutonicamente romantici, rompendo l’orizzonte che, anche se da lontano, poteva limitarli, tanto da intitolarlo “New Horizons Pt.2”, uscito per la Art Gates Records.

I due episodi intitolati ''Home e Hope'', apertura e chiusura dell’album, sono basati sulla stessa melodia e suonati inizialmente in maniera spartana e basica. Segue poi ''Echoes of the Past'', con un batterista “Tempesta” che spacca l’aria con una grancassa assassina e piatti suonati senza un domani, a fare da tratto d’unione tra una voce disperata e violini che procedono a braccetto con percussioni orchestrali.

Stessa sinfonia nella successiva ''The Mask'', dove una voce cavernicola si alterna ad una timbrica simile a Jonathan Davis dei Korn; cori epici a stendere una rete di melodia sulle fagocitanti ritmiche che il basso intreccia con le taglienti chitarre, ali spiegate ai lati della batteria, che per certi aspetti ricorda moltissimo il progetto Grip Inc., in particolare l’album ''Incorporated'' del 2004.

Da ''Wild from ashes'' si deduce che l’elettronica riempie e colora gran parte dello spettro di generi che sfuggono qua e là alle martellanti ritmiche scolpite su roccia da Famà, così come la voce; Ruiz si addentra nei territori di Serj Tankian nella successiva ''Killing My Perseus'', dove una struggente chitarra cesella le linee sinuose a suggellare la melodia del ritornello, mentre altrove il growl sussurrato (e a tratti sorprendente) trasmette attenzione e rabbia per Perseo.

Sottolineiamo che questo per gli Heleven è il 4° album in 5 anni, davvero uno sforzo di concentrazione ed energia per qualsiasi band. È un nu metal altamente tecnico, che si caratterizza molto per la cesellatura ritmica delle canzoni, il growl saturato aggressivo delle strofe, le melodie melanconiche dei ritornelli.

A stendere completamente l’ascoltatore, arriva il piano struggente nel mezzo di ''Killing my Perseus'', che apre la strada poi a note romanticamente rammsteiniane e alla chiusura di nuovo growl di Ruiz e al percussivo pneumaticamente martellante della tempestosa batteria.

''Empty promises'' ha come variante l’apertura asimoviana della chitarra, mentre permane ferrea la caratterizzazione del timbro Heleviano. Roboanti synth aprono per ''Why'' e per il resto fanno da mantello a tutta la composizione, se vogliamo la più prog del disco.

''One day today'' è ancora caratterizzata da suoni nu metal, vicini questa volta agli Orgy, segno che gli anni novanta del secolo metal hanno fortemente caratterizzato le menti musicali di questi metallers. (Johan De Pergy)