PET SHOP BOYS "Nonetheless"
(2024 )
All’anno 40 dalla fondazione, senza mai una sosta o un break, è chiaro che i PSB si ritrovino ad un livello anagrafico che porta a riflessioni sull’esistenza e affini, con l’idea di raccontare più quello che può essere stato piuttosto che quello che potrà essere.
E “Nonetheless” diventa una specie di narrazione di antichi sentimenti (“New London boy”, ad esempio, come punto principale) e malinconie autunnali come già in precedenti uscite del duo, ma con un senso di ineluttabilità che rende “Nonetheless” più comprensibile rispetto al rallentamento di “Elysium” o, ancora peggio, del “Release” del 2002.
Alzando i ritmi in poche occasioni ma ben definite – “Dancing star”, ispirata alla storia di Nureyev – e aprendosi ad orchestralità che ricordano pieces teatrali più che discoteche, l’album ha un suo crescere ascolto dopo ascolto che lo rende prodotto ben lontano dall’usa e getta, e che per forza di cose deve essere accettato dagli irriducibili fans più che da quelli che se li sono persi per strada qualche decennio fa, né tantomeno dalle generazioni attuali che chissà cosa hanno in testa, per bypassare questo tipo di musica.
Il problema, forse, è in una minor ricerca sonora che ben si evidenzia nel minialbum accluso, quel “Furthermore” che rilegge e ricanta 4 grandi successi del passato, riarrangiandoli in modo che verrebbe da dire quasi sbrigativo, pensando alle complessità della “It’s a sin” originale, per intenderci. E che rende, accettabile imperfezione, il prodotto finale un po’ monocorde.
Ma forse, appunto, questo è perché l’intento principale è farsi capire, più che muovere le ossa. Alla fine è un album perfetto per chi vuole guardarsi indietro (Neil Tennant, per intenderci, al momento dell’uscita del disco viaggia per i 70 anni) e farlo a modo suo, senza rimpianti ma con l’esatto combaciare del quello che si è e quello che si vuole descrivere.
Non aspettatevi quindi casse dritte per 45’, ma un disco da ascoltare, da comprendere e da prendere per quello che è: un disco dei Pet Shop Boys. Ovvero, il miglior prodotto elettronico della storia, o quasi. (Enrico Faggiano)