JUDAS PRIEST  "Invincible shield"
   (2024 )

Costretto al divano da una fastidiosa raucedine causata da sbalzi di temperatura climatici, invidio ancora più alla età suonata che ha la tenuta vocale del leader dei Judas Priest.

Gli aggettivi si sprecano, il più adatto sembra inossidabile anche se verrebbe da usare l'abusatissimo resiliente, data la storia del gruppo. Certo, in studio di registrazione qualche aiutino la tecnologia ce lo mette, e che sarà mai, e poi ci sono praterie di nuovi fans da conquistare sull'altare del metal. Ma questo "Invincible shield" (ascoltare la title track prima di solonizzare facili critiche da bar sport del web) è un lavoro che comunque merita rispetto assoluto, giù il cappello e sciacquatevi la bocca prima di sputare sentenza inutili.

La fragilità, l'età, il manierismo sono sfide che ogni gruppo storico come questo, per di più fedele all'immagine che ha di sé stesso, deve affrontare. Ci ha messo lo zampino anche il Parkinson a dire che la vita è un fiume mai uguale a sé stesso. Lo so, dal mio divano penso ai dischi hard e metal che fanno parte della mia personale playlist, "Black Sabbath" e "Kill 'em all" in primis. Questo dei Priest, come del resto i migliori degli Iron, rimarrebbero fuori, ma immediatamente sulla soglia.

Perché il metallaro sarà anche folcloristico, visto da fuori, ma non è stupido. Ed è tutt'altro che sprovveduto. Dietro scale e riff sulle Gibson Flying V ci sono fior di studi, spesso al conservatorio. Per cui non disprezzate a priori questi Judas redivivi, imparate a rispettarli e non calpestateli, sono un'aiuola preziosa, sono ancora sulla cresta dell'onda e danno quella sferzata di energia utile per sopravvivvere a uno sciopero dei treni o a una coda in tangenziale. Volume medioalto ovviamente, e stavolta uno stereo da paura non serve, ci basta la musica anche con due altoparlanti da citofono.

Appena uscito l'album si è piazzato ottavo in classifica, vorrà dire onore al merito o che la fuffa che c'è in giro fa emergere anche lavori non eccelsi? Agli specialisti del genere l'ardua sentenza. Questo per me profano è un lavoro ascoltabile più e più volte, sia pure nel solco sacro di un genere (i sacerdoti del culto non lo ritengono all'altezza di "Screaming from vengeance", "Defenders of the Faith" e "Painkiller", altri invece sì), un genere che ha le sue regole e le sue idiosincrasie. Ma il disco è talmente ben fatto che a volte il piedino si muove, non è solo adrenalina ma c'è percepibile tanto mestiere tanta sana artigianalità, quello che ci fa sentire persone e non algoritmi o gargarismi di una statistica.

Ha scritto un fan in rete: "Il livello di Invincible Shield è quello di album storico, in termini qualitativi al pari dei grandi classici. Se questo disco fosse stato pubblicato negli anni '80, avremmo visto file interminabili di persone fuori dai negozi di dischi, ognuno in attesa di accaparrarsi la propria copia". Sottoscrivo, dai. Voto 8, e naturalmente vanno testati dal vivo, con o senza borchie. (Lorenzo Morandotti)