LUCA DI MARTINO "Non importa la meta"
(2024 )
Diplomato in chitarra classica al Conservatorio Bellini di Palermo (2012) e con una vasta esperienza chitarristica e compositiva come solista e in collaborazione, Luca Di Martino crea il suo primo progetto discografico da cantautore: “Non importa la meta”, uscito il 26 febbraio 2024 sotto l’etichetta 802records.
Già dal titolo dell’album si capisce che il filo conduttore è il viaggio, il viaggio della vita che va vissuto e goduto in ogni suo piccolo particolare, senza pensare più di tanto a una destinazione. Infatti, nella title track “Non importa la meta”, realizzata inizialmente come singolo con video, l’autore canta la spensieratezza nell’affrontare le sconfitte e le conquiste, perché – dal suo punto di vista – l’intera vita altro non è che un’altalena di situazioni in qualche modo ripetitive: “Non importa se piove, perderò anche la nave, sarà buona la scusa per restare a guardare”; “una conquista, poi una nuova rotta”; “su quella giostra gira ancora il mondo”; “Alla fine dei conti sarà più facile ridere, che ridare importanza a una sorte che avanza”.
L’idea dell’alternanza tra momenti contrastanti viene ripresa nel brano dal titolo suggestivo “Tutto e niente”, il cui ritornello è cantato in dialetto siciliano: “Patruni di tuttu, patruni di nenti”… dunque “Padrone di tutto, padrone di niente”, ma con un entusiasmo che non si spegne mai (perché “questo cuore cerca sempre una ragione, lui vuole i brividi”) e con una motivazione sempre viva, creata dal fatto che “in questo viaggio io conservo una illusione”.
Così, dopo aver fatto sentire il noto rumore della partenza di un treno e sempre in compagnia di una “musica che non perde il suo tempo”, l’autore continua la sua strada individuale “fra le storie di mille passanti”, nella canzone intitolata “Io vado avanti”, vincitrice del premio “miglior testo” al festival “Autori al centro”, tenutosi al Teatro Castagnoli di Scansano (GR) a dicembre 2023. Una strada sempre senza una meta prefissata: infatti, nel testo di “Io vado avanti” torna la frase-titolo “Non importa la meta”.
Ma, come suggerito dal titolo dell’album chitarristico precedente – “Il richiamo e l’abbandono” (settembre 2023) – e come anche Ulisse insegna, lo scopo del viaggio sembra essere il ritorno a casa e la riscoperta dei punti di riferimento iniziali. Ciò si può sentire con chiarezza in canzoni piene di calore come “Il buon odore della terra” (in cui l’autore afferma in modo esplicito: “Io resto qui, mi sento più al sicuro nel mio mondo conosciuto”), “Torna Natali” (con il dialetto siciliano che lascia una forte impronta identitaria sul fondale degli arrangiamenti quasi sinfonici creati dal coproduttore pianista Aldo Giordano) oppure “Ricantami una ninna nanna” (canzone intima e tenera, dedicata alla propria madre).
È piuttosto arduo fare un’analisi intellettuale soddisfacente di questo disco, e tale difficoltà è generata soprattutto dalla pienezza degli stati emotivi che essa riesce a produrre nell’ascoltatore: un continuo lasciarsi andare sulle onde della musica e delle parole, che difficilmente può essere diviso per punti e spiegato per mezzo del pensiero razionale. Lo fa capire l’autore stesso, che nell’ultimo brano dell’album, non a caso intitolato “Poche parole”, ad un certo punto dice: “E le parole non basteranno/ se la bellezza mi assale”.
Tuttavia si possono distinguere alcune caratteristiche singolari degne di essere evidenziate: la presenza del mare quasi a livello sensoriale (se chiudiamo gli occhi e ascoltiamo la musica e le parole, ci sembra di stare veramente vicino al mare), il suono inconfondibile della chitarra di Luca Di Martino e il dialogo naturale e scorrevole tra chitarra e voce (come se il suono della chitarra facesse parte del canto o viceversa), il parlato dialettale siciliano, che estende la sua affascinante unicità anche alle parti cantate in italiano (soprattutto nella pronuncia di alcune consonanti come “r”, “d” o “t”)...
L’immagine del mare arriva nella mente dell’ascoltatore attraverso tutti i canali sensoriali: uditivo, con i ritmi e le sonorità degli strumenti musicali; olfattivo, quando in “Io vado avanti” viene detto “Continuo a rubare l’odore del mare”; tattile e persino gustativo, nei versi “E se le onde si fermeranno,/ potrei raccogliere il sale” del brano “Poche parole”… e ovviamente non manca il canale visivo, prezioso dono che troppo spesso diamo per scontato (ci sono molte immagini visive del mare nei testi delle varie canzoni, tra cui la più suggestiva sembra quella presente in “Ricantami una ninna nanna”: “Vedo una foglia volare,/ nel vento sembra ballare,/ poi di fretta scompare/ fra le stelle ed in mare”).
La canzone “Cu tempu”, cantata interamente in siciliano, invita a muoversi lentamente e a prendersi del tempo per sentire meglio ogni piccolo dettaglio della vita; ed è particolarmente rilassante, per chi non conosce il dialetto, cercare di intuire i significati delle parole partendo dalla somiglianza agli equivalenti italiani o con l’aiuto di un vocabolario siciliano-italiano. Che bella sorpresa, per esempio, scoprire che gli “acidduzzi” sono gli uccellini, oppure che il verbo riflessivo “arriminarsi” significa “muoversi”!
E tutti i viaggi, i ritorni a casa, i sogni e le poesie sembrano ruotare – come degli uccellini, appunto – intorno alla nuda realtà. “Nuda realtà” s’intitola il quarto brano dell’album, pieno di profonda semplicità e perfettamente equilibrato dal punto di vista ritmico, melodico e poetico, nonostante nel testo si tratti di “pazzi”… “pazzi” che in fin dei conti siamo tutti noi, poiché non esiste un vero confine fra salute e malattia e fra normalità e follia.
Durante l’intera canzone “Nuda realtà” siamo cullati dai suoni delicati della chitarra, delle percussioni e degli effetti di amplificazione (“synth and additional sound”), mentre la voce calda e pacata di Luca Di Martino racconta in poche parole la realtà quotidiana di alcune persone dai comportamenti ripetitivi e visti dagli altri come “strani”. I versi che compongono il ritornello potrebbero essere incisi su una lapide, come un epitaffio… magari un insolito epitaffio iscritto su un monumento della vita, anziché su una pietra tombale: “Sorridi tu, sorrido anch’io,/ ma il mondo è grigio dentro noi/ Che siamo fragili, ma siamo
uomini,/ non siam le briciole cadute per terra./ Vicino a un farmaco o una penna,/ non c’è una cura, ma io non affondo./ Non è distante la realtà/ dal nostro mondo”.
La canzone si conclude con una confessione dell’autore, nella quale forse è compresa la spiegazione di tutta la sua arte: “Luca suona la chitarra, dice che l’anima sua parla”… per poi far partire uno slancio inatteso di chitarra elettrica (l’unico in questo album), come se la timida anima veramente spiccasse il volo in alto per farsi vedere e sentire da tutti. (Magda Vasilescu)