THE INNOCENT  "Move after dark"
   (2024 )

The Innocent sono una punk band romagnola. Tra i loro membri, milita Max Colliva, dei Loyal Cheaters. Il loro album “Move after dark”, uscito per Cheat Records, è una sberla di energia ruvida. Le chitarre elettriche sono distorte e dal suono chiuso, e per qualche strano motivo mi hanno fatto pensare a quello dei Motörhead (che sono heavy metal, lo so, non c'entrano nulla, eppure è così labile il confine...).

Si tratta del punk delle origini. Non è melodico à la Green Day, né new wave, né folk o con altre ibridazioni; è proprio quello legato al rock and roll classico, quello che arrivava nel '76-'77 come reazione “semplificatrice” all'imborghesimento del progressive. Ad oggi non c'è motivo di tornare ad una semplificazione, dato che il mainstream anzi punta dritto al grado zero. Però oggi c'è tanta freddezza, tanto synth, e soprattutto negli ultimissimi anni, la costruzione di canzoni basata sulle ricerche dell'intelligenza artificiale, su quali suoni fanno più presa, secondo gli algoritmi; quindi, è l'artificio sull'artificio, il calcolo esplicito, la furbizia manifesta, che neppure si vergogna più di sé.

Con gli Innocent, potete buttare via tutto questo. Il loro sound è caldissimo, sincero, divertito e divertente ma devastante, senza mezze misure. Power chords, tempi dritti e veloci, voci dal tono acido e spesso con urla in coro. Non si fa fatica a vederli infiammare un pub, mentre gli avventori scuotono i calici in alto, e tra la folla c'è uno a petto nudo con la bottiglia vuota in mano (ce n'è sempre uno, lo tengono nel freezer e lo scongelano per l'occasione!).

Ma i testi non sono sempre divertenti, anzi. La foga della musica è l'occasione per parlare di disagio, di difficoltà (come in “Suicide”). Un arpeggio dal suono liquido (cioè con l'effetto tremolo) apre la drammatica “Underground living”, forse il brano più coinvolgente, non solo per il corpo (tutto il disco lo è, per quello), ma anche per la mente. Non a caso, è il pezzo scelto per il videoclip, dove a un certo punto il frontman compie il classico gesto di rompere la chitarra e l'amplificatore.

Altre canzoni sono testualmente più leggere e goliardiche, come “Quit the girl”. Ma che figa l'introduzione di “Down the East Coast”, che poi apre ad uno scatenato rock'n'roll del più tipico (per i musicisti, quello con l'alternanza di bicordi I-V I-VI I-V I-VI). E insomma, per dirla con le loro parole, se aspettavate che tornasse forte il punk tricolore, non preoccupatevi: “The boys are back in town!”. (Gilberto Ongaro)