ADRASTEA PROJECT BAND "Maximum risk"
(2024 )
Se fosse stato un aereo americano ai primi voli, avrebbe meritato il suffisso X all’inizio del nome. Mi riferisco a ''Maximum Risk'', prima opera del progetto genovese Adrastea Project Band.
Nato dal periodo di reclusione del 2020, l’album è la prova della resilienza e creatività degli autori, guidati da Andrea Di Martino che durante il suddetto periodo compone nuove canzoni e rielabora alcuni brani composti precedentemente.
Insieme al produttore e ingegnere del suono James Maximilian Jason, vengono accuratamente selezionate 14 canzoni per essere incluse in questo debut album. Collaborano come parte attiva del progetto il bassista e cantante dei Blue Dawn, Enrico Lanciaprima e Monica Santo, nonché membri della Small Band ed ex componenti di The Void e Acrophobia, insieme ad altri stimati musicisti.
Il disco è stato registrato, mixato e masterizzato nell'AfterDusk Studio di James M. Jason, e la caratteristica peculiare di "Maximum Risk" è di offrire una ampia gamma di influenze che spaziano dalle icone hard rock degli anni '70 all'heavy metal degli anni '80, al prog rock, al metal sinfonico, unitamente ad elementi di musica sperimentale ed elettronica.
Di Martino stesso ci dice come la canzone “Maximum Risk” sia una degli episodi più significativi ed emblematici dell'album da un punto di vista di resa degli intenti. Nel testo figura la tematica della consapevolezza della accettazione del massimo rischio, nel prendere una determinata decisione, quando facciamo qualcosa di giusto o sbagliato, quando affrontiamo qualcosa più grande di noi.
Sicuramente l’album parte dall'hard rock classico spingendosi a sperimentare, probabilmente senza un piano di volo deciso ab initio, territori musicali non usuali. Questo sicuramente appagherà gli amanti delle diverse sfaccettature del genere rock, anche se proprio questo approccio che può essere reso agilmente da studio potrebbe essere anche l’unico limite di una vitalità del progetto al di fuori dei confini eterei delle registrazioni, in un contesto live.
In alcuni casi, rari, la produzione artistica del disco può migliorare la fusione delle voci con il resto degli strumenti, così come i suoni della batteria appaiono un po’ troppo digitali e settorializzati agli anni '90, se comparati invece con sontuosi suoni di tastiere e synth. Qua e là possiamo vestire la chitarra delle stesse caratteristiche appena dette per la batteria ed a tratti appare sbilanciata. Viceversa, da un punto di vista di idee, esse sono interessantissime ed il riffing o la struttura dei brani non ha nulla di risparmiato, ma anzi davvero ''Maximum Risk''.
Difficile capire se la particolarità del progetto sia più appoggiata sulle qualità intrinseche della strumentazione utilizzata, piuttosto che sulla poliedricità delle influenze da cui il progetto nasce. Ad esempio, l’andamento del brano ''Storm'' è legato in parte al power metal, impostato dalla drum machine, mentre a tratti l’approccio vocale fa pensare a territori esplorati dall’illustre Mike Patton, quindi memorizziamo che questo gusto crossover pervaderà tutte le tracce.
''Black'' ha un inizio di chitarra da metal classico, con reverberi teutonici, ed il cantante James Maximilian Jason sembra ricalcare la timbrica di Blaze Bayley, ma con una marcata timbrica istrionica, intervallata a cambi di tempo della batteria in senso prog, che teatralizzano il brano. Ancora suoni synth, che pervadono tutto il disco, aprono la successiva ballad ''Better tomorrow'', una synth ballad dove il progetto lascia ampio spazio alla fantasia nell’utilizzo dell’elettronica, dai suoni drum machine ai sintetizzatori chitarristici/clavicembalistici, alla struttura stessa della canzone.
''Crack'' invece inizia con dei richiami spaziali, come da sostanze sintetiche e con la cassa dritta, sembra un vago approcciarsi alla leggendaria band maestra di questi territori, i Pink Floyd. Le altre canzoni che seguono viaggiano su territori simili, fino a ''End of the day'', davvero interessante per la commistione del rock con le timbriche “depechiane” e per un approccio chitarristico metal, nel suo divenire.
''Why not'' è uno dei pochi brani a conservarsi davvero rock dall’inizio alla fine, un rock di fine era punk, anche per via delle timbriche vocali del periodo Clash, prima che il pop e poi l’indie prendessero le redini nel delineare i gusti degli attuali musicoconsumatori. La successiva ''Inside a sinner’s dream'' paga il tributo a band come i Joy Division, almeno per il suo primo terzo, poi i territori ed i confini si espandono entropicamente. In ''Victory is here'' ecco l’ospite femminile colorare ancora questo quadro vagamente kitsch.
''They come from the last star'' è una ambient a metà tra Brian Eno e Barrett. Sicuramente un disco non convenzionale, questo, quanto piuttosto un continuo ping pong tra lo spazio siderale ed una sala prove punk; in mezzo voci non classicamente educate.
L'album è stato pubblicato il 15 settembre 2023 ed è disponibile su tutte le principali piattaforme di streaming. Per saperne di più sull'Adrastea Project Band e sul loro album di debutto, visita https://adrasteaprojectband.bandcamp.com/album/maximum-risk. (Johan De Pergy)