NILS OKLAND BAND  "Gjenskinn"
   (2024 )

Bagliore. Tradotto in norvegese, bagliore è “Gjenskinn”, che è il titolo del nuovo lavoro di Nils Økland e della sua Band. Uscito per Hubro Records, questo è un nuovo viaggio in quella chimerica terra che contiene in uno spazio solo, più lande anche fra loro lontane.

L'Hardanger fiddle è il protagonista di questo viaggio, ovvero quel tipico violino nordico, di cui Økland è esperto suonatore, oltre al violino normale in quest'album (e della viola d'amore in altri). È accompagnato da sassofono, vibrafono (come in “Morgenkvist”), contrabbasso, batteria, e la carezza che solo il colore dell'harmonium sa dare, come si sente in “Framover”, sotto una melodia dolce.

Jazz o folk? L'intento di Økland è proprio scardinare questo confine, renderlo insensato. L'ispirazione trae da melodie locali, ma di “locali” lontani, non solo dalla Norvegia. Ad esempio, “Kairo” viene dall'ascolto che Nils fa del flautista Ahmed El Arnab, durante un viaggio in Egitto. Mentre “Finnjenta”, un vecchio valzer, Økland lo prende e lo sintetizza in una sequenza minimalista di poche note, che diventano il brano di apertura “Minimalvals”. La terra di Økland c'è anche in “Tilley Plump”, dove l'idea parte da un vecchio e festoso tema norvegese.

Tutte queste ispirazioni però si fondono, nell'intenzione jazzistica di improvvisare. E il risultato è quasi sempre delicato e ipnotico. Tranne in “Kraft”, dove a sorpresa gli archi vengono graffiati con un inaspettato guizzo rock, e anche le percussioni tuonano. Poi, ecco il bagliore, la titletrack: in “Gjenskinn”, l'Hardanger fiddle è strofinato con estrema delicatezza e un po' di indeterminatezza, mentre le percussioni simulano una fitta pioggia. Solo verso la fine, la melodia viene ripetuta con più decisione, mentre il contrabbasso fa da bordone con una nota sola, ma corposa.

L'album viene chiuso da Økland da solo, col proprio strumento, in una “Silhuett” che sinuosa ci lascia con una leggera malinconia. “Gjenskinn” è l'ennesima conferma di un artista dal percorso ormai consolidato e ben riconoscibile, una musica folkloristicamente “ecumenica”! (Gilberto Ongaro)