GASWAR "Girl vanishes on way to jive club"
(2024 )
Quando Paul “Apollo Liftoff” Erickson e Jeff Mooridian da Fargo, North Dakota, un quarto di secolo fa casualmente diedero vita a Minneapolis al side-project denominato Gaswar, dopo lo scioglimento della storica sigla Hammerhead (trio formato con il chitarrista Paul Sanders) e prima della nascita della nuova formazione denominata Vaz (con Tyler Nolan alla sei corde), dubito che avrebbero scommesso un cent sulla possibilità di rispolverare il loro debutto, datato 1999, nel 2023. Ripassate recentemente, ed altrettanto casualmente, attraverso l’orecchio distratto-ma-non-troppo di Kevin Rutmanis (Cows, Melvins), co-fondatore dei Gaswar illo tempore, le otto tracce che avrebbero dovuto formare l’album di debutto del supergroup e che non vennero mai pubblicate, nonostante il lavoro fosse ultimato, vedono finalmente la luce dopo interventi di limatura, integrazioni varie e sovraincisioni gestite ed organizzate da parte dello stesso Rutmanis.
Dal cilindro esce un album che ferma il tempo, cristallizzandolo al crepuscolo del millennio, figlio di un modo oramai piuttosto desueto di essere off, ché le chitarre – ahimè – non si usan più. Rifinito sontuosamente, nervoso e ispido, caotico e violento, assordante ed incalzante, spigoloso come ai bei vecchi tempi, erge a protagonista assoluta una musica singhiozzante, agonizzante, feroce e scomposta. In un bailamme acido e malsano, si susseguono brani asfissianti, spezzettati, martoriati da rumori di ogni sorta e da un incedere zoppicante, frantumato con insistenza dalla sezione ritmica, mezzora di calvario sonico tra gli scatti nevrotici della congesta opener “Get down Moses” e la sarabanda allucinata di “Lion”, la cadenza martellante del basso in “Terrible day to have eyes” ed il feedback lancinante che sventra “Debra had never felt so dirty in her life”.
E’ il trionfo del post-hardcore-as-we-know-it, un’orgia di adorabile frastuono sublimata dai quasi sei minuti di disturbi nonsense della conclusiva “Father complex and the solution of the rat idea”, non-canzone lasciata andare alla deriva senza timore alcuno, libera di collassare lieta in un marasma di cacofonie polverizzate ad arte. Con tanti ringraziamenti a questo trio dato per disperso, tornato giusto in tempo per ricordare agli astanti che la musica può anche non essere fiacca e sgonfia, come sempre più spesso appare. (Manuel Maverna)